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domenica 24 dicembre 2017

il Natale di tutti noi



Pensa all'origine di ogni cosa, 
agli elementi che la compongono,
a ciò in cui si trasformerà, a ciò che sarà dopo la trasformazione,
dalla quale proprio nessun danno potrà subire. 
Uva acerba, uva matura, uva passa.

Tutto è trasformazione, non verso il non essere,
ma verso ciò che non è ancora.  

Marco Aurelio


auguri a tutti
per una rinascita continua,
perchè la vita autentica 
richiede coraggio, consapevolezza, impegno
ma è l'unica
in cui l'uomo può misurare se stesso
senza smarrirsi nel vuoto
 


lunedì 11 dicembre 2017

il pendolo della vita



Potsdam, la targa della  Schopenhauerstrasse
mappe e testi


"Già nella natura incosciente, costatammo che la sua essenza è una costante aspirazione senza scopo e senza posa; nel bruto e nell’uomo, questa verità si rende manifesta in modo ancor più eloquente. Volere e aspirare, questa è la loro essenza; una sete inestinguibile. Ogni volere si fonda su di un bisogno, su di una mancanza, su di un dolore: quindi è in origine e per essenza votato al dolore. 

Ma supponiamo per un momento che alla volontà venisse a mancare un oggetto, che una troppo facile soddisfazione venisse a spegnere ogni motivo di desiderio: subito la volontà cadrebbe nel vuoto spaventoso della noia: la sua esistenza, la sua essenza, le diverrebbero un peso insopportabile. Dunque la sua vita oscilla, come un pendolo, fra il dolore e la noia, suoi due costitutivi essenziali. 

Donde lo stranissimo fatto, che gli uomini, dopo aver ricacciati nell’inferno dolori e supplizi, non trovarono che restasse, per il cielo, niente all’infuori della noia. Questo sforzo perenne, costituente l’essenza di ogni fenomeno della volontà, riesce finalmente, nei gradi più alti della sua oggettivazione, a trovare il suo primo e più generale principio; la volontà si rivela qui a se stessa, in un corpo vivo che le comanda imperiosamente di nutrirlo; e il comando trae la sua forza precisamente da ciò, che il corpo è la volontà di vivere oggettivata. [...] 

Per i più, la vita non è che una lotta continua per l’esistenza, con la cer­tezza di una disfatta finale. E ciò che dà loro tanta forza di persistere in questo disastroso conflitto, non è tanto l’amor della vita, quanto la paura della morte, che tuttavia sta là, nel fondo, pronta sempre ad affacciarsi. La vita è un mare seminato di scogli e di gorghi, che l’uomo riesce, con cura e con prudenza estreme, ad evitare; sapendo però che se anche gli vien fatto, con la sua forza e con la sua destrezza, di cavarsela, non fa che avvicinarsi man mano al grande, al totale, all’inevitabile, all’irreparabile naufragio; sapendo che il suo è un veleggiare verso il naufragio, verso la morte; ultimo termine del penoso viaggio, meta spaventosa più degli scogli evitati. Lo sforzo di vivere non ha un fine ultimo.  

È poi anche da notare: per un verso, che i dolori e le torture della vita posson facilmente arrivare a una tale intensità, che la morte stessa ci divenga desiderabile: sicché, quantunque la nostra esistenza consista nel fuggirla, pure le si corra incontro volentieri; per un altro verso, che, non appena il bisogno e la sofferenza ci diano un momento di respiro, ci piomba subito addosso la noia, sicché siamo costretti a cercare qualche passatempo. Ciò che tien desti e in moto i viventi, è il desiderio di vivere. Orbene: assicurata che abbiano la vita, non sanno più che farsene: sopravviene allora un altro stimolo: il desiderio di liberarsi dal peso dell’esistenza, di renderlo insensibile, di «ammazzare il tempo»; in altre parole, di sfuggire alla noia. 

Così, la più gran parte di quelli che sono al riparo da ogni bisogno e da ogni preoccupazione, una volta riusciti a liberarsi di ogni altro peso, finiscono per diventar di peso a se stessi, e per ritenere come tanto di guadagnato, ogni ora che riescono a passare, ogni particella che riescono a sottrarre a quella vita, per il cui massimo prolungamento avevano prima impegnate tutte le loro forze. La noia non è, del resto, il meno disprezzabile dei mali; finisce per imprimere nel viso una stimmata di vera disperazione. La noia è appunto la causa per cui esseri che si amano così poco fra loro, e cioè gli uomini, pure si cercano a vicenda con tanta premura; è, dunque, la radice della socievolezza. E contro la noia, la saggezza politica prende, come contro le calamità comuni, dei provvedimenti pubblici. A ragione; perché la noia, e il suo estremo opposto che è la fame, può spingere gli uomini ai più furiosi eccessi; panem et circenses è ciò di cui il popolo ha bisogno. Il rigido sistema penitenziario di Filadelfia, che impone l’isolamento e l’inazione, fece della noia un mezzo di punizione: l’effetto fu così terribile, da spingere al suicidio i detenuti. 

Se il bisogno è il flagello del popolo, la noia è il supplizio delle classi superiori. Nella borghesia, la noia è rappresentata dalla domenica, il bisogno dagli altri sei giorni della settimana. Tutta la vita umana scorre tra il desiderio e la soddisfazione. Il desiderio è per sua natura dolore: la soddisfazione si traduce presto in sazietà. Il fine, in sostanza, è illusorio: col possesso, svanisce ogni attrattiva; il desiderio rinasce in forma nuova, e con esso, il bisogno; altrimenti, ecco la tristezza, il vuoto, la noia, nemici ancor più terribili del bisogno. 

Quando il desiderio e la soddisfazione si seguono a intervalli non troppo lunghi né troppo brevi, la sofferenza che deriva da entrambi è ridotta al suo minimum, e si ha la vita più felice...."

A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione,
libro IV, § 57, pp. 352-354 



rispondi:

 In che senso la socievolezza dell’uomo si spiega col desiderio di fuggire la noia?

Qual è l’origine del dolore? 

Perché quando cessa il dolore subentra la noia?

Commenta con osservazioni tratte dalla tua esperienza le affermazioni di Schopenhauer sulle emozioni che dominano il corso dell’esistenza: dolore e noia, ansia e paura, senso di vuoto e desiderio di comunicazione. Ne condividi l'analisi nell'esistenza? Come hai cercato di affrontarle?

lunedì 4 dicembre 2017

chi c'è c'è, chi non c'è non c'è

è solo un rompicapo?




Samuele Finocchiaro della classe 3 I ci propone un percorso 
con la presentazione di alcune proposte filosofiche: 

giovedì 30 novembre 2017

cantiamo il congiuntivo


Il congiuntivo è uno dei modi verbali in cui inciampano maggiormente gli italiani, con esiti spesso imbarazzanti

Ne è convinto Lorenzo Baglioni, autore de "Il congiuntivo", uno dei brani candidati alla finale delle Nuove Proposte del Festival di Sanremo 2018. La canzone ha ricevuto una menzione speciale dall'Accademia della Crusca

Viva il congiuntivo, cantiamolo insieme con allegria e..sollievo!

sabato 25 novembre 2017

il coraggio di dire NO

il messaggio che merita oggi lo spazio nel blog per la condanna della violenza sulle donne, certamente più dei tanti slogan (ahimè) già stereotipati ormai diffusi nel web,  
l'ho ricevuto alle 18:36 da una ex alunna, 
Rosita Cipolla

Grazie Rosita, perchè ancora una volta mi confermi che abbiamo saputo percorrere bene insieme quei tre anni del liceo e perchè conservi sempre la forza luminosa delle idee e la fiducia nell'azione (buona)  di ciascuno di noi. Sempre fiera di te!



Non c’è bisogno di un occhio nero, delle costole rotte e dell’ennesimo omicidio per parlare di violenza di genere. E non ci dovrebbe essere affatto bisogno di un #25Novembre o di una panchina rossa per ricordarci di questo agghiacciante fenomeno, ancora così radicato nel nostro Paese

Ma il cosiddetto “femminicidio” non è che l’atto finale del dramma…

È già violenza se, invece di sentire il cuore a mille per amore, hai la tachicardia per la paura di rivedere il tuo compagno dopo l’ultimo folle litigio ma poi finisci per perdonarlo perché in fondo non è colpa sua se caratterialmente è così impulsivo da non riuscire a controllare le parole e…le mani.

È già violenza se hai paura di esprimere liberamente il tuo pensiero perché lui ti preferisce quando stai in silenzio e quando da “brava” moglie o fidanzata assecondi le SUE decisioni, ignorando i tuoi DESIDERI e l’ascolto reciproco che dovrebbe essere indispensabile in un rapporto di coppia. 

È già violenza quando neanche nella casa in cui vivete insieme ti senti più al sicuro (e non per via dei ladri!) e hai come l’impressione di essere un ostaggio e che potrebbe succederti qualcosa di grave da un momento all’altro.

È già violenza se ti dice “tu stasera resti a casa”, neanche se fosse tuo padre e tu avessi 15 anni, e se continua ripeterti che “la parità dei sessi è una grande stronzata. Voi donne iniziate a chiedere troppa libertà”.

È già violenza se lui, tornato a casa la sera, pretende di essere servito e riverito e che la cena sia pronta e se non dovesse essere così, inizia a gridare, lanciando contro di te un piatto che – per fortuna! – anche stavolta finisce per frantumarsi sul pavimento. Lo stesso piatto, che ormai in tanti pezzi, dovrai raccogliere tu, naturalmente.

È già violenza se quando gli comunichi di aspettare un bambino ti risponde “o abortisci o ti lascio e ti ritroverai sola. Chi è quel cretino che sceglierebbe di impegnarsi con una donna incinta?!” 

È già violenza se inizi a convincerti che quella volta l’occhio nero te lo eri meritato: avevi dimenticato di lavare la sua divisa da calcetto preferita!

È già violenza se dopo aver indossato quel bel rossetto nuovo leggermente più sgargiante del solito lo senti gridare con tono intimidatorio “togliti sto rossetto dalle labbra, troia! O con me non ci esci. Anzi, non esci proprio così.” 

È già violenza quando ti dice “tesoro, tu appartieni a me. Non ti è chiaro ancora?” e non cogli più alcuna sfumatura di romanticismo e inizi a pensare che sia davvero così, anche se però… almeno lui fa tutto ciò che vuole, con chi gli pare e piace
.
È già violenza se ti costringe a prestazioni sessuali quando e come vuole lui perché tu, in quanto moglie, GLIELO DEVI e il sesso per te ormai significa solo accontentarlo per evitare di scatenare la sua ira e sentirti rispondere che farebbe proprio bene a tradirti se non sei in grado di soddisfare le SUE voglie.

È già violenza se da qualche tempo ha iniziato con subdole minacce e strani ricatti che coinvolgono pure i vostri figli.

È già violenza se da mesi non esci con i tuoi amici, che vorrebbero tanto rivederti, perché lui NON VUOLE. Anche se poi lui, però, gli amici e le amiche li frequenta settimanalmente e non accetterebbe divieti da nessuno (né tanto meno da una femmina!)

È già violenza se quella sua gelosia, che magari i primi tempi ti faceva sentire unica ai suoi occhi, si fa sempre più ossessiva che ormai al solo pensiero ti manca il respiro come se fossi dentro un ascensore a porte chiuse, al buio.

E anche tu, caro PADRE, sei in parte responsabile del comportamento violento di tuo figlio se fin da piccolo lo hai spronato a diventare un uomo-cacciatore alla ricerca di donne-preda e se il rapporto con tua moglie si è sempre basato sulla sua sottomissione piuttosto che sul rispetto reciproco.

E persino tu, dolce MAMMA, potresti diventare complice ignara di una violenza di genere se avrai insegnato a tuo figlio che deve puntare ad una donna docile che sappia cucinare, stirare, badare ai figli e assecondarlo sempre, proprio come una serva ma… con abiti impeccabili.

È ancora violenza quella che tu, donna, ti autoinfliggi nella speranza che lui cambi all’improvviso, anche se ti sembra di aspettare un miracolo, e che domani sarà un giorno migliore.
Un giorno felice, pieno di amore. Ma tu aspetti, aspetti… e la tua luce si fa sempre più fioca, senti che stai per spegnerti dentro e non ricordi più a quando risale l’ultima volta in cui hai sorriso accanto a lui. 

Sarà ancora violenza se dopo giorni, mesi o addirittura anni di pugni, schiaffi, umiliazioni e l’ennesimo “non accadrà più” hai trovato finalmente il coraggio di interrompere questa relazione malata ma lui ti implora dicendo “non puoi lasciarmi. Senza di te morirei”, ma tu hai quel terribile sospetto che… a rimetterci la vita non sarà lui. E non sarà di certo il troppo AMORE ad ucciderti. 

E sarà SEMPRE violenza finché non ci metteremo in testa − sia donne che uomini −  che abbiamo bisogno di compagni di vita, non di morte.

domenica 19 novembre 2017

Il quarto stato

Proletari di tutto il mondo unitevi!
L'appello con cui si era chiuso il Manifesto del partito comunista di Karl Marx non aveva lasciato indifferente la società del secondo Ottocento, ormai avviata verso la seconda rivoluzione industriale e l'emancipazione operaia.
Nel 1891, dopo aver assistito ad una manifestazione da parte di alcuni operai per le precarie condizioni di lavoro, Pellizza da Volpedo decise di riproporre quell’esatto momento in un dipinto.
Nel giro di qualche mese il lavoro venne completato: i protagonisti erano tre uomini che marciavano verso l’osservatore, con alle spalle una grande folla che li seguiva all’interno della piazza Malaspina a Volpedo.


“Ambasciatori della fame” , 1891, Giuseppe Pellizza da Volpedo
Questo piccolo abbozzo, intitolato Ambasciatori della fame, costituirà, successivamente, il nucleo centrale del Quarto stato.
Nel 1895, nella continua rielaborazione dell’opera, l’artista abbandonò la precedente struttura presente all’interno degli Ambasciatori della fame per inserire, invece, un numero sempre maggiore di persone al seguito dei tre protagonisti, trasformando così l’opera nella celebre Fiumana.

“Fiumana”, 1898,  Giuseppe Pellizza da Volpedo
Oltre all’integrazione di tanti nuovi protagonisti, l’artista decise di cambiare anche i colori della scena, utilizzando tonalità che spaziavano dal blu fino al verde per lo sfondo; inoltre, eliminò anche la presenza di ombre in primo piano, in modo tale da conferire maggiore attenzione alla folla piuttosto che all’ambiente.
Tra le innumerevoli aggiunte introdotte all’interno della Fiumana è da citare anche la presenza di una donna in primo piano che regge un bambino tra le sue braccia: l'umanità e il suo futuro si celano dietro questa immagine simbolica. 
Fino al 1898, l’artista continuò a lavorare su questa scena, apportando varie modifiche specie dopo  i Moti di Milano, ed in particolare il massacro ad opera di Bava-Beccaris.
In questi anni, trasformò la grande fiumana di persone, in un gruppo a cuneo rivolto verso lo spettatore; i protagonisti, ora non erano più semplici uomini, ma erano diventati dei lavoratori, i quali avevano trasformato la propria lotta per i diritti in una lotta politica.
Con questo repentino cambio di significato, l’artista scelse di modificare il titolo dell’opera dalla Fiumana al Cammino dei lavoratori. Nel 1901, infine, terminate le modifiche strutturali, nacque, in maniera definitiva, Il quarto stato
Il quarto stato, 1901

Gli uomini e le donne marciano sicuri per la piazza (che probabilmente è ancora quella di Malaspina di Volpedo), con un passo lento e deciso, lasciando intuire che la vittoria è ormai nelle loro mani: l’obiettivo era quello di celebrare la vittoria della classe operaia, e non più, rappresentare, più semplicemente, un evento isolato. L'analisi di Karl Marx trovava così il suo manifesto artistico nel movimento delle masse di lavoratori verso la rivendicazione dei loro diritti.
L’uomo al centro ha una mano nella cintola dei pantaloni e con l’altra regge la giacca sulla spalla, assumendo un atteggiamento di sicurezza, e guida l’intero gruppo alle sue spalle. Accanto a lui, sulla sinistra, si trova un altro uomo che, silenziosamente, lo accompagna, mentre la giacca gli copre un braccio.
Sulla destra, si scorge la donna citata in precedenza, con i piedi nudi e con in braccio un bambino; le grandi pieghe nel suo vestito suggeriscono che sia in movimento. Inoltre, la donna è modellata sulle fattezze della moglie dell’artista, Teresa.
Alle spalle del trittico di protagonisti, si staglia un gigantesco gruppo di manifestanti:  tutti dimostrano di essere calmi e pacati, consci di avere la vittoria dalla loro parte. E' possibile notare che molti di loro sono stati ritratti in atteggiamenti perfettamente naturali: c’è chi si copre dal sole, chi guarda in altre direzioni, o anche chi si rivolge direttamente allo spettatore con lo sguardo.
I personaggi in secondo piano, disposti in orizzontale, ricordano da vicino gli antichi fregi che decoravano i templi greci; inoltre, questa scelta stilistica, ricollega l’opera direttamente ad antichi capolavori come la scuola di Atene di Raffaello Sanzio.

e adesso riprendiamo Marx......









mappe di Luisa Pulvirenti, 5 A



di Flavia Sicali, 5 A

martedì 14 novembre 2017

giornata mondiale della filosofia

Giornata Mondiale della Filosofia 2017









Data: martedì, 14 novembre 2017 - Ore: 17:30

Per l'11° anno consecutivo Nuova Acropoli celebra la giornata Mondiale della Filosofia indetta dall'UNESCO nel mese di novembre.
Il tema è IO E LA FILOSOFIA.
Primo appuntamento, presso il Monastero dei Benedettini:

  • Ore 17:30 Percorso filosofico: “Il Filo di Sofia tra Oriente e Occidente”, lungo il corridoio dell’Orologio e il corridoio del Coro di Notte;
  • Ore 18:00 Convegno:”Io e la Filosofia”.

    Interventi:

    "La Filosofia come Liberazione” Prof. Augusto Cavadi, docente di Filosofia e filosofo consulente;

    “Filosofia è Libertà” Prof. Alberto Giovanni Biuso, Professore associato di Filosofia teoretica «Dipartimento di Scienze Umanistiche» Unict;

    “La battaglia interiore” - Dott.ssa Manuela Di Paola, Presidente di Nuova Acropoli Catania;
  • A seguire Musica colta dal vivo a cura del Coro “Imago Vocis” diretto dal maestro Salvatore Resca.



  • Giornata Mondiale della Filosofia 2017

    Data: mercoledì, 22 novembre 2017 - Ore: 17:30

    Per l'11° anno consecutivo Nuova Acropoli celebra la giornata Mondiale della Filosofia indetta dall'UNESCO nel mese di novembre.
    Il tema è IO E LA FILOSOFIA.
    Secondo appuntamento, presso il Monastero dei Benedettini:

  • Ore 17:30 “L’Opportunità” - Performance teatrale a cura dei Volontari di Nuova Acropoli;
  • A seguire Giochi Filosofici in squadra.



  • Giornata Mondiale della Filosofia 2017

    Data: giovedì, 23 novembre 2017 - Ore: 17:30

    Per l'11° anno consecutivo Nuova Acropoli celebra la giornata Mondiale della Filosofia indetta dall'UNESCO nel mese di novembre.
    Il tema è IO E LA FILOSOFIA.
    Terzo appuntamento, presso il Monastero dei Benedettini:

  • Ore 17:30 “Intervista doppia: Confucio e Socrate”- Proiezione a cura dei volontari di Nuova Acropoli;
  • A seguire Filmosofia - Filosofia dal Cinema, estratti di film e conversazione filosofica.



  • Corso di Filosofia Attiva

    Data: lunedì, 27 novembre 2017 - Ore: 19:00

    A conclusione della Giornata Mondiale della Filosofiapresentazione del corso di Filosofia Attiva: un percorso tra le idee dei grandi d’Oriente ed Occidente per migliorare noi stessi e la società in cui viviamo.

    Presso la nostra sede associativa sita in via Verona, 19.


    domenica 12 novembre 2017

    il cosmo nel Seicento e Galileo



    di Gaetano Grasso e Sofia Russo, 4 A


    LA RIVOLUZIONE ASTRONOMICA
    di Marika Vasta, 4 G







    GALILEO GALILEI CONTRO IL PRINCIPIO DI AUTORITA'

    di Marinella Privitera, 4 G



    di Miriam Cavallaro 4 G











    il metodo sperimentale


    di Miriam D'Amico, 4 G




    MAPPA DI RIEPILOGO SU GALILEI



    di Lorenzo Sgroi, 4 G










    dal film Galileo, di Liliana Cavani, 1968
    9'



    domenica 5 novembre 2017

    la molecola della maturità


    "Al ruolo della laminina-alfa- cinque la rivista Cell Reports dedica una pubblicazione, accompagnata da un comunicato stampa intitolato: "La molecola della maturità che aiuta il cervello degli adolescenti a crescere".

    Intorno ai 12 anni - è quel che già si sapeva - il cervello si ritrova ricco di neuroni e sinapsi. Le cellule e le loro connessioni si sono accumulate in maniera disordinata nel corso dell'infanzia, un periodo caratterizzato da un apprendimento tumultuoso. Tra i 20 e i 25 anni, alla fine del processo, le sinapsi si sono ridotte anche del 40% e il volume della materia grigia è diminuito. Nel frattempo è maturato quel lobo frontale che ci regala capacità di giudizio e controllo degli impulsi.



    Cosa accade lungo questo decennio tumultuoso era rimasto un mistero, dal punto di vista biochimico. La scoperta della "molecola della maturità" non basta certo a spiegare tutto nel processo, né è chiaro quando inizi esattamente a fare effetto, ma rappresenta un primo mattone. "Molto importanti sono anche i vari fattori di crescita, come ad esempio il Ngf scoperto da Rita Levi Montalcini" spiega Luca Passamonti, neuroscienziato del Cnr e dell'università di Cambridge, autore l'anno scorso di un'altra ricerca sul cervello degli adolescenti. Il ruolo della "proteina del giudizio", scrive Cell Reports, è stabilizzare il garbuglio di neuroni cresciuto nei primi anni di vita. "Prima dell'età adulta le sinapsi tra i neuroni sono, direi, selvagge. Si riducono, crescono, destabilizzano perfino le sinapsi vicine " scrive il coordinatore dello studio, lo scienziato di Yale Anthony Koleske. "Nel cervello maturo le sinapsi appaiono molto più ordinate. Sono più piccole e "ben educate"".

    Nei topi in cui veniva inibita la produzione di laminina-alfa-cinque la maturazione dei neuroni era limitata e il cervello adulto finiva per restare povero di connessioni. Ottenere sinapsi "ben educate", scende nei dettagli Passamonti, vuol dire "renderle robuste e sufficientemente stabili nel tempo. Niente è permanente nel cervello, che è molto plastico, ma se non subiscono questo processo di stabilizzazione, le sinapsi non sopravvivono e non sono funzionali ".

    In un'età ricca di stimoli e di esperienze, in cui il cervello è ottimizzato per apprendere, le connessioni fra neuroni si rimodellano a ritmi sostenuti. "Ogni volta che impariamo qualcosa, le sinapsi subiscono un cambiamento. Ma occorre che raggiungano una certa stabilità, se vogliamo mantenere la conoscenza acquisita" spiega Mitchell Omar, sempre di Yale. Il cervello dei bambini è pieno di questi collegamenti fra neuroni (molto meno quello degli adulti). 

    "Ma un aspetto chiave della maturazione

    - precisa Passamonti - è che le sinapsi vengano rese robuste, dopo essere cresciute e maturate a sufficienza. Se questo non avviene, non sopravvivono, diventano deboli, sono usate poco e alla fine vengono "potate". 

    Proprio come i rami secchi di un albero o di una vite".

    La molecola della maturità, in altre parole, non va lasciata a se stessa ma coltivata con un ambiente stimolante, idee costruttive, serenità e...tanta buona pazienza!

    giovedì 2 novembre 2017

    World Philosophy Day

    La Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il Centro di Ricerca
    sull’Indagine Filosofica celebrano il World Philosophy Day, indetto annualmente dall’UNESCO, con la presentazione del Protocollo d’Intesa MIUR-CRIF La pratica filosofica come opportunità di apprendimento per tutti e delle azioni a esso connesse.



    La Giornata intende porre l’attenzione sul ruolo della filosofia nella scuola e nella società attraverso la proposta di attività di ricerca, sperimentazione e valutazione della pratica filosofica di comunità, realizzate in ambito nazionale e internazionale e volte allo sviluppo del pensiero complesso, nella sua articolazione critica, creativa e valoriale.
    Nell’ottica dell’Agenda 2030 dell’ONU Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e in particolare dell’obiettivo 4 Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”, gli interventi dei vari studiosi metteranno in luce le potenzialità educative e formative della filosofia nella pratica scolastica e in altri luoghi di apprendimento anche attraverso il ricorso a metodologie e strumenti innovativi.
    Le profonde trasformazioni della società contemporanea sollecitano a livello nazionale e internazionale i sistemi formativi ad affrontare nuove sfide che richiedono anche all’insegnamento/apprendimento della filosofia di coniugare, attraverso una più articolata e significativa dinamica educativa, l’acquisizione di conoscenze e contenuti filosofici con il conseguimento di competenze (life skills) di tipo cognitivo e socio-relazionale, sia nell’ambito scolastico sia in quello più in generale dell’educazione permanente (lifelong learning).
    Al termine della Giornata verrà donata alla Biblioteca del MIUR la riedizione completa della Rivista di filosofia “Il Pensiero”, che nei suoi 60 anni di storia ha coinvolto i massimi esponenti della filosofia europea.
    Questo importante patrimonio risulta oggi disponibile sia in formato cartaceo che in digitale, anche grazie al Progetto di Alternanza Scuola Lavoro che ha coinvolto studenti e insegnanti del triennio dei licei Licei “D. A. Azuni” e “G. Marconi” di Sassari insieme a ricercatori e docenti del Corso di Laurea in Filosofia dell’Università di Sassari.
    La riflessione sul ruolo della filosofia europea nel panorama italiano della seconda metà del ‘900, sarà un ulteriore contributo per celebrare il World Philosophy Day e per promuovere il valore del dialogo intellettuale e del confronto culturale, come fondamenti della società democratica e della
    cittadinanza globale.

    La parola a tutti!
    Per informazioni rivolgersi alla Prof.ssa Carla Guetti – carla.guetti@istruzione.it.

    martedì 10 ottobre 2017

    la logica degli opposti in Hegel



    L’unico punto, per raggiungere il procedimento scientifico,... è la conoscenza di questa proposizione logica: che il negativo è insieme anche positivo, ossia che quello che si contraddice non si risolve nello zero, nel nulla astratto, ma si risolve essenzialmente solo nella negazione del suo contenuto particolare; vale a dire che una tale negazione non è una negazione qualunque, ma la negazione di quella cosa determinata che si risolve ed è perciò negazione determinata. Bisogna, in altre parole, saper conoscere che nel risultato è essenzialmente contenuto quello da cui esso risulta. Quel che risulta, la negazione, in quanto è negazione determinata, ha un contenuto. Codesta negazione è un nuovo concetto, ma un concetto che è superiore e piú ricco che non il precedente. Essa infatti è divenuta più ricca di quel concetto. Contiene dunque il concetto precedente, ma contiene anche di piú, ed è l’unità di quel concetto e del suo opposto.
    (Hegel, Scienza della logica)








    Come molto spesso avviene, e come ci aveva insegnato Alessandro Magno a Gordio, qualche volta, per risolvere un problema irrisolvibile occorre cancellarlo. E Hegel aveva il carattere per farlo. In poche parole: se l’infinito è negazione del finito, e viceversa, allora il finito, in quanto negazione, è ciò che riflette l’infinito. E viceversa. L’uno non può essere senza l’altro, poiché l’uno è la verità dell’altro. 
    Si superano le ristrettezze della logica aristotelica fondata sul principio di non contraddizione, quello secondo cui, in una stessa proposizione, non posso affermare “che A e che non-A”. Questa logica escludente esalta le contraddizioni e le aporie, poiché non tiene conto della, oggi diremmo, “complessità” del reale. La logica hegeliana è invece dialettica: A non potrebbe essere senza il suo negativo, poiché il negativo riflette il proprio contrario
    Facciamo il solito esempio: è una giornata piovosa e triste di fine autunno; guardiamo il cielo e, sconsolati, pensiamo: come sono belle le giornate primaverili, piene di sole e di profumo. Or bene: da dove deriva la bellezza delle giornate primaverili, se non dall’essere la negazione della tristezza autunnale; e da dove deriva la tristezza autunnale se non dall’essere la negazione della vitalità primaverile? L’una non avrebbe senso senza l’altra, come la gioia senza il dolore e la vita senza la morte. Questa è la logica hegeliana. E questo è il nuovo rapporto che Hegel stabilisce tra l’infinito e il finito.
    Ma attenzione: l’infinito non è la somma di tutti i “finiti”, non è un contenitore, l’universo mondo di Giordano Bruno. Esso non cessa di essere un processo, idealisticamente: è lo sviluppo delle sue singole determinazioni verso un esito che, concettualmente, è già presente nel suo inizio. L’infinito è il dispiegarsi della Ragione che comprende ogni suo singolo momento. È, in altri termini, un sistema. Se non ci fosse l’infinito non si potrebbe dare un ordine all’insieme delle cose, non si potrebbe cioè conoscere, perché conoscere vuol dire cogliere l’ordine necessario della realtà, scoprire come essa diviene ciò che è. Vuol dire, cioè, avere uno sguardo assoluto sulle cose, ovvero porsi al polo opposto di tutto ciò che è finito, individuale, soggettivo.
    L’infinito non è un “valore assoluto”, ma relativo: esso trae il suo significato dal fatto che si oppone specularmente a tutto ciò che è individuale e limitato. Nella nostra vita quotidiana, noi agiamo in vista di un orizzonte limitato al nostro semplice hic et nunc, non vediamo oltre noi stessi o poco più. 
    Il filosofo, al contrario, coglie ciascuno di noi nel posto che il sistema gli ha assegnato, vede cioè il sistema nella sua completezza assoluta, dentro cui ogni singolo individuo agisce secondo una logica che è coerente con le esigenze del sistema stesso (pur non sapendolo). 
    Detto hegelianamente: la storia è regolata da leggi, il divenire ha in ogni suo momento in vista il suo fine ultimo. 
    L’infinito quindi è, nello stesso momento, effettivo e potenziale: è effettivo perché si realizza in quanto sistema ordinato di fatti, ed è potenziale perché in continuo divenire, processo.
     (da Didasfera)


    PROF. LUIGI VIMERCATI LICEO PARINI, MILANO 


    "(...)Ad ogni modo la cosa di maggior rilievo é che nella sua Scienza della logica (ecco perché è il testo più complesso, giustamente, della storia della filosofia) Hegel ritiene di avere il dovere di concentrare e di unificare tutte le categorie che nella storia dell'umanità sono state escogitate per dare significato razionale alla stessa realtà. Quindi le categorie con cui qui abbiamo a che fare riguardano il pensiero, riguardano il linguaggio,  perché ovviamente il pensiero si esprime attraverso il linguaggio, e riguardano la realtà; tutto insieme. Quindi alla domanda su quale sia il fondamento della logica dobbiamo rispondere: fondamento della logica é il pensiero, fondamento della logica è la realtà, perché lo sviluppo della realtà é lo stesso del pensiero, e viceversa. E' quindi contro ogni separazione.
    Ciò che distacca la logica contemporanea da Hegel é proprio questo senso differente della ragione. Hegel risponde ovviamente al problema dal suo punto di vista.

    Voi qui potreste porvi la domanda - mi pare che sia inevitabile - : come pensa Hegel sia possibile riunire tutte le categorie della razionalità in un unico contesto? Le categorie: non é importante che siano dodici o ventiquattro, ma che esse abbiano un loro svolgimento interno e che diano luogo ad un sistema che é da concepire un po' in maniera organicistica, cioè come un tutto, come un corpo in cui ci sono vari organi, e quello che fa una mano non può farlo un piede, però la vita, che dà vita alla mano e al piede, é unica e non può fare né senza della mano né senza del piede. E’ quindi un'unità che si articola attraverso la molteplicità.

    Lo strumento teorico che va incontro alla spiegazione di questo punto é la dialettica, che é sostanzialmente il muoversi della ragione su questi tre momenti, che sono fondamentali nell'impianto e nella prospettiva di Hegel(...)"

    dalla trascrizione di una conferenza tenuta a Brescia dal prof. Mario Dal Pra sulla Logica hegeliana il 4 marzo 1983 per un pubblico di studenti