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giovedì 19 novembre 2015

riflessioni sulla strage di Parigi

post di Samuele Pafumi, 5 F




"11 settembre dell'Europa" "orrore" e "guerra" sono le parole più usate oggi, in
questa giornata particolare nella quale tanta gente sta perdendo un’ occasione per
tacere, anziché dimostrare la propria ignoranza in materia.

Principalmente bisogna distinguere i fondamentalisti dagli islamici veri e propri; il
problema non è la loro religione, è il modo con cui è stata interpretata dagli
uomini. Gli estremismi non portano bene in nessun caso. 
Occorre capire che dietro
tutto questo, alla base dell'Isis, oltre l'apparenza della questione religiosa, c'è lo
stesso mondo occidentale.

Fin dall'imperialismo di fine Ottocento ci siamo presi gioco dei popoli africani e
mediorientali per ricavarne profitto. Abbiamo sfruttato e ridotto a polveriere
quegli stati, abbiamo fatto sì che regnasse il caos perché a noi conveniva, vendiamo
le armi alle associazioni terroristiche e adesso dobbiamo prenderci le nostre
responsabilità. Abbiamo il dovere di aiutare quei popoli, di portarli un gradino
avanti nell'evoluzione, non possiamo respingere chi scappa dalla promessa di un
futuro di morte causato da noi stessi.

Strumentalizzare paura e violenza per ricavarne razzismo e far leva sul populismo
sono gli atteggiamenti più stupidi che possano essere messi in atto. Bisognerebbe
gestire al meglio e regolamentare l'immigrazione, chiudere le frontiere non porterà
a nulla. L'integrazione deve avvenire perché il multiculturalismo non è mai
sbagliato. I terroristi sono semplicemente delle mine vaganti, delle cellule
impazzite che non dobbiamo identificare con tutti i musulmani. Capisco lo sgomento e
la preoccupazione, una violenza inaudita contro vittime innocenti.

Facciamoci prendere dalla paura ma non dall'odio: la paura è comprensibile, l'odio
no. Difficile pensare di cercare sicurezza rispondendo all'odio e alla violenza con
altro odio e altra violenza. Pensiamo, riflettiamo, soffermiamoci sul concetto di
rispetto che dovrebbe essere alla base dell'esistenza umana.
Io non voglio vivere in un mondo in cui l'uomo deve avere paura dell'uomo, è il
nostro più grande fallimento; la dimostrazione che non c'è stato nessun
cambiamento significativo, se non nei modi di vivere, dall'era primitiva. 
Se l'uomo
non si allontanerà mai dalla sua natura animalesca, quanto meno spero che riesca a
controllare questa al meglio. 
Forse aveva ragione Hobbes: l’uomo è ancora homini
lupus. Qui non si tratta di religioni, di stati o di popoli, si tratta della crudeltà
che è presente nel Dna dell'uomo, si tratta di nemici del pensiero, nemici del
progresso, nemici dalla cultura ,nemici della civiltà tutta.
Dobbiamo essere uniti contro la violenza ma anche umani.

Non facciamoci vincere da queste azioni, ma al tempo stesso cerchiamo di non perdere
la ragione, anche se è difficile.

Non dimentichiamo che Parigi è il simbolo della libertà ma anche di quella
fraternità e di quell'uguaglianza che sono alla base della nostra civiltà.

mercoledì 18 novembre 2015

Il 16 novembre al Liceo Leonardo

post della prof.ssa Gabriella Gullotta




Come potevamo noi entrare in classe, aprire il registro e guardare i volti dei nostri alunni su cui si proiettavano le immagini di altri ragazzi e di altre ragazze come loro e che non sono più? Come potevamo?

Quando le nostre vite vengono sconvolte, la prima cosa a cui pensiamo sono i nostri cari e sentiamo il bisogno di stringerci a loro, di cercare, anche solo nel silenzio intenso di un abbraccio, un conforto e poi piano piano vengono le parole con cui si scioglie e piano piano si tampona, si definisce e si distanzia, pur se per poco,  lo strazio che invade l’anima. 

E questo è stato ieri nell’Aula Magna del Liceo Leonardo, la scuola è una famiglia di condivisione, un baluardo di condivisione da cui viene fuori quell’Europa democratica e civile, giovane e gioiosa, quella “meglio gioventù” o quella “generazione Erasmus” che al Bataclan  e per le strade di Parigi di un venerdì sera qualunque abbiamo visto insanguinata. Quella stessa scuola, quella stessa società civile che quando fallisce,  quando esclude e non include, quando non entra in risonanza con i legittimi bisogni degli ultimi porta altri ventenni a imbracciare un kalashnikov o a indossare una cintura esplosiva per massacrare altri ventenni, divenuti nemici per condizione, per stato e per religione. E ci appare come una guerra civile globalizzata, a Parigi come a Kabul o a Istanbul: ragazzi contro altri ragazzi.


Noi, gli adulti, i docenti, i genitori le guerre non  le abbiamo vissute, ma le abbiamo studiate, le spieghiamo ricostruendone le cause prossime e remote, ricercandone i documenti e i necessari approfondimenti, non inseguiamo le emozioni ma cerchiamo le ragioni degli accadimenti- Noi  non pensavamo che ancora un’altra guerra potesse addensarsi all’orizzonte e insanguinare le strade delle città verso le quali dal Liceo prepariamo i ragazzi ad andare, in una visione illuministica di “cittadini del mondo”, di membri  di una società a cui dare la parte migliore di sé per un processo non solo di realizzazione personale ma di progresso civile. Da tutte queste considerazione scaturisce il turbamento di noi adulti che incontra il disorientamento e lo stordimento dei nostri ragazzi.


Ieri, con questo stato d’animo, ci siamo raccolti per un incontro collettivo preparato con semplicità, affidandoci alle parole di Martin Luther King, di Quasimodo, di Grossman, di Terzani ma anche di Isobel Bowdery, una ventiduenne scampata al massacro del Bataclan e che nella sua intensa ricostruzione sa trovare, pur in quell’orrore, gesti di umana solidarietà e di speranza. Parole  per consolare ma anche per sforzarsi di disegnare uno scenario diverso, di avviare una riflessione da portare in classe, nelle attività di questi giorni che seguiranno perché l’orrore non ci investa e non ci confonda, ma sia un’occasione preziosa per studiare la storia degli ultimi cinquanta anni con un atteggiamento meno libresco e più critico, come deve essere l’atteggiamento di chi cerca le cause di questo aggrovigliato presente in cui viene scagliato. Infine un canto sussurrato sulle parole e sulla musica senza tempo di John Lennon con la sua Imagine.

Questo è stato, in un’Aula Magna gremita che a turni si svuotava e si riempiva,  in un silenzio irreale tutta la scuola si è raccolta come in una composta veglia.


Già oggi soffiano altri incredibili venti e si torna nelle classi con la consapevolezza di Hannah Arendt “la guerra non restaura diritti, ridefinisce poteri” E quindi “not in our name”

sabato 14 novembre 2015

Parigi e il nostro dolore. Quei ragazzi aggrappati al davanzale e alla vita

L'attentato del 13 novembre a Parigi ha sconvolto tutti. Abbiamo pianto e sofferto per le vittime innocenti di un attacco vile e folle che rischia di ricacciare tutto l'Occidente nei secoli dell'oscurantismo e del terrore.

Abbiamo pianto e sofferto per la cecità degli esseri umani che non sanno vedere nè capire 

Per chi crede nello sviluppo civile e nella responsabilità di ogni essere umano l'efferatezza dell'attentato, le sue assurde motivazioni, l'azione dei fanatici terroristi rimangono un gesto inaccettabile che ci allarma certo, ma non ci disarma. 

La ragione, il dialogo, il coraggio e la forza delle idee libere e generose, la tolleranza e il rispetto per l'essere umano,  rimangono sempre l'arma migliore per la democrazia.

Riporto per tutti questa nota di Beppe Severgnini sul Corriere.it.

Aspetto le vostre riflessioni perchè tutti, ne sono certa, oggi vogliamo dire qualcosa




"Il video girato col cellulare da un giornalista di Le Monde davanti alla sala da concerti Bataclan è sconvolgente. 

La normalità male illuminata, la strada laterale, il venerdì sera, i colpi incomprensibili, una voce che grida “Ma cosa succede?”. Poi l’occhio cade sui ragazzi appesi alle finestre, aggrappati al davanzale e alla vita. Altri in piedi sui cornicioni, come in un vecchio film. Per strada, corpi umani trascinati come pupazzi sul marciapiede: vivi o morti, non si sa. Questo hanno voluto i nostri nemici. Questo hanno fatto. Entrare in una sala da concerti e uccidere dozzine di ragazzi disarmati: non è difficile.  


E' invece difficile - verrebbe da dire: impossibile - capire il vuoto di certe menti e l’oscurità di certi cuori. Ma dovremo farlo. 

Piangere e pregare non basta. 

Molte cose saranno da esaminare: il fallimento dei servizi di informazione francesi, le complicità, la necessità di una immediata, esplicita scelta di campo degli islamici in Europa (se vogliono continuare a vivere qui). Resta un fatto: i francesi e gli europei saranno più forti dei barbari alle porte, e di quelli tra noi. 

Un modo di dimostrarlo è andare avanti con le nostre vite. Chiudersi, sospettare gli uni degli altri, cambiare abitudini: sarebbe un modo di dargliela vinta. Non deve accadere. I ragazzi europei escano per strada e vadano ad ascoltare musica e a ballare, stasera, nelle nostre belle città autunnali. 

È il modo migliore di rendere omaggio a chi venerdì sera è entrato al Bataclan, e non è più uscito".

lunedì 9 novembre 2015

Ha vinto Aung San Suu Kyi, ha vinto la Birmania


da Mediterranea UDI Catania - novembre 2015 a cura di Carla Pecis




9 novembre 2015 - da poche ore la Lega Nazionale per la Democrazia, il partito di Aung San Suu Kyi ha annunciato la vittoria alle elezioni, con un risultato che supera il 70% di consensi. 

Ha vinto la donna, la leader che da 25 anni si batte per il suo Paese, contro i militari, contro la frammentazione identitaria tra gruppi etnici, contro la corruzione. 

Non potrà essere Presidente, per una assurda norma della Costituzione che lo vieta perché i suoi figli hanno la cittadinanza britannica! Solo accettando di farli vivere all’estero li ha messi al sicuro nei lunghi e sanguinosi anni della sua detenzione prima e poi della lunga prigionia in casa. 

Ma per il suo popolo, e per tanti nel mondo, è Lei la Presidente di Myanmar. E non lo è da oggi, con la vittoria schiacciante alle elezioni lo è da anni, rispettata e amata per la sua determinazione e il suo coraggio.  


"La pace del nostro mondo è indivisibile. Fino a quando le forze negative  avranno  la  meglio sulle forze positive ovunque, siamo tutti a rischio. Ci si può chiedere se tutte le forze negative possano mai essere rimosse. La risposta è semplice: <No!> E’ nella natura umana di contenerle entrambe, sia quelle  positive che quelle negative. Tuttavia, è anche nella capacità dell’uomo di lavorare per rafforzare i lati e minimizzare o neutralizzare quelli negativi. La Pace assoluta nel nostro mondo è un obiettivo irraggiungibile. Ma si tratta di un obiettivo  verso il quale dobbiamo continuare a camminare, gli occhi fissi su di esso  come un viaggiatore in un deserto fissa gli occhi sulla stella che lo guida e che  lo porterà alla salvezza. Anche se non riusciamo a realizzare una pace perfetta sulla terra, perché la pace perfetta non è di questa terra, sforzi comuni per ottenere la pace  uniranno individui e  nazioni in fiducia e amicizia e contribuiranno a rendere la nostra comunità umana più sicura e più generosa".
Aung San Suu Kyi




biografia a cura degli alunni di 4 G