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lunedì 23 giugno 2014

quale Dio pregano i boss di mafia?


su segnalazione di Giusy Romeo
proponiamo questo dibattito tra un laico e un religioso: 

può l'etica dell'intenzione volta alla salvezza individuale sostituirsi totalmente all'etica della responsabilità?
 

Non capita di rado di vedere seduti fianco a fianco nella stessa chiesa boss di mafia e familiari di morti ammazzati dalla criminalità organizzata. Ma come è possibile che vittime e carnefici preghino lo stesso Dio? Può il Dio di Riina e Provenzano – ma anche di Pinochet e Videla – essere lo stesso Dio di don Puglisi e don Diana? Un sincero e appassionato confronto tra un magistrato antimafia in prima linea e un vescovo controcorrente.

dialogo tra Roberto Scarpinato e mons. Domenico Mogavero, da MicroMega 7/2012


venerdì 20 giugno 2014

Sofia Kovalevskaja

 
 
 
Il 30 gennaio 1884 l’università di Stoccolma era piena di gente. Studenti, ma anche cittadini comuni e professori di ogni materia, si erano seduti in una delle aule per assistere a un evento considerato storico: la prima lezione di matematica tenuta in pubblico da una donna. Sofia Kovalevskaja tremava dalla paura, ma salì in cattedra, strinse i denti e cominciò a parlare di equazioni differenziali alle derivate parziali: a fine lezione l’uditorio sembrava soddisfatto ma lei, la “Principessa della scienza” come la chiamava la stampa allora, con tipica insicurezza femminile non sapeva dire se era andata bene o male, e cosa sarebbe successo poi. Di certo non immaginava che quello sarebbe stato l’inizio di un percorso che l’avrebbe resa famosa in tutta Europa, e fatta entrare nei libri di storia.

Nei giorni in cui una ricerca congiunta dell’Unesco e della Fondazione l’Oreal ci racconta che il gap fra uomini e donne nel mondo della scienza resta elevato e che anche i progressi degli ultimi anni non sembrano destinati a colmarlo presto, leggere la storia di Sofia Kovalekvskaja è un incoraggiamento importante per le ragazzine che al mondo della scienza vorrebbero affacciarsi.

La vicenda di Sofia, nata in Russia, prima donna in Europa a ottenere una cattedra universitaria in matematica, scrittrice di talento e sostenitrice dell’emancipazione femminile è raccontata in un libro per ragazzi scritto da Vichi de Marchi e illustrato da Simona Mulazzani per l’Editoriale Scienza: con linguaggio semplice e colorato, la studiosa narra in prima persona la sua storia di accademica, ma anche quella di donna, moglie e madre in un ambiente di soli uomini e pieno di difficoltà.

Un esempio importante in un mondo, come quello odierno, in cui meno di un ricercatore su tre è donna e donna sono solo l’11% dei professori universitari di materie scientifiche. Nell’Ottocento Sofia Kovalekvskaja ha rotto il soffitto di cristallo: 150 anni dopo alle giovani di oggi spetta di raccogliere la sua torcia. E dimostrare che la scienza può essere anche donna.
 

La scelta di Sofia, una vita per la scienza 

di FRANCESCA CAFERRI, La Repubblica del 19 giugno 2014


venerdì 6 giugno 2014

Ipazia d'Alessandria



Per capire meglio il film Agorà (regia di Alejandro Amenabar) che in questi giorni stiamo proiettando a scuola, ecco una segnalazione che aiuta a contestualizzare la vicenda di Ipazia d'Alessandria, matematica e filosofa neoplatonica uccisa dal fanatismo cristiano.

La sua importanza nella cultura ellenistica non passò inosservata nel Rinascimento, tanto che fu l'unica donna inserita da Raffaello nell'affresco La Scuola di Atene


Ipazia d’Alessandria, filosofa e scienziata martirizzata dal fanatismo
 
 
Una donna su un carro percorre le strade di Alessandria d’Egitto per fare ritorno a casa. Un gruppo di monaci cristiani la sorprende, la tira giù dal mezzo, la trascina fino a una chiesa, fa del suo corpo macelleria, uccidendola con bastoni e cocci e poi smembrandola. Infine quegli stessi uomini, sulla carta di fede, prendono i miseri resti sanguinolenti e li bruciano per cancellare ogni traccia.

È la sorte toccata a Ipazia, la filosofa e scienziata vissuta tra il IV e il V secolo. Il suo caso costituisce uno dei più efferati femminicidi di matrice cristiana della storia. La vicenda è raccontata da Gemma Beretta in Ipazia d’Alessandria (Editori Riuniti/University Press, pp. 320, euro20). Questo bel libro è una scrupolosa ricostruzione storica della vita e delle idee della martire del paganesimo e della libertà di pensiero, supportata da un uso approfondito delle fonti antiche. Beretta sottolinea che l’omicidio maturò nell’ambito della lotta per la supremazia tra pagani e cristiani da un lato e del prevalere del potere cosiddetto «spirituale» su quello temporale dall’altro, inteso come «scontro senza mediazioni tra il potere ecclesiastico locale e il potere civile cittadino».

Il fulcro del conflitto nel V secolo fu Alessandria, centro della cultura pagana e dunque «laica», cioè un barile di polvere da sparo in cui bisognava solo innescare la miccia. In corso epocali cambiamenti geopolitici che porteranno alla caduta dell’Impero romano d’Occidente, alle invasioni barbariche che riguardavano anche l’Impero romano d’Oriente (come la sconfitta di Adrianopoli, nell’odierna Turchia, del 378) e alla supremazia del Cristianesimo.

Il primo evento che ne sancì l’affermazione fu l’Editto di Milano del 313, dell’imperatore Costantino I: stabiliva la libertà di culto, interrompendo le persecuzioni contro i cristiani, ma di fatto privilegiava la loro religione a scapito delle altre. Poi il Concilio di Nicea del 325 formulò i fondamenti dell’ortodossia cristiana. L’Editto di Tessalonica del 380 dichiarò il Cristianesimo religione ufficiale dello Stato nella forma definita «cattolica». Inoltre riconosceva il primato delle sedi episcopali di Roma e di Alessandria in materia di teologia. E questo atto inaugurò una specie di «soluzione finale» per il paganesimo con i decreti teodosiani emessi tra il 391 e il 392 (il primo dei quali firmato da Teodosio a Milano) e ispirati da Ambrogio. Infatti, scrive la Beretta, «rientravano nella politica di scambio tra Chiesa e Impero» inaugurata proprio dai due. Cominciò la distruzione dei templi pagani insieme alle persecuzioni e prese slancio la filosofia cristiana con Agostino.
Qui si inserisce la storia di Ipazia, nata ad Alessandria e figlia di Teone, uno dei più grandi matematici dell’antichità. Lei stessa, educata dal padre, divenne un punto di riferimento non solo nella filosofia, ma anche nell’astronomia, assurgendo a terza grande caposcuola del platonismo dopo Platone e Plotino.

Ma il suo insegnamento rivolto a tutti, la sua cultura, il fatto che a lei chiedesse consiglio il prefetto romano Oreste, la fecero emblema di un ideale di vita e di politica antitetico alla visione degli episcopi, basato «piuttosto che sul potere che viene dall’essere anello di una scala gerarchica, sull’autorità che viene dall’intelligenza sul mondo e dal coraggio nell’esporsi». La prese di mira il vescovo Cirillo, che la riteneva responsabile della sua mancata riconciliazione con Oreste. E di fatto ispirò lo scempio che nel 415 di lei fecero i monaci, in realtà «corpo di polizia degli episcopi». Un delitto atroce, rimasto impunito, e di cui sarebbe il caso ora, anche se a secoli di distanza, di riconoscere le responsabilità morali.

Massimiliano Chiavarone, Il Corriere della sera – 2 giugno 2014