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mercoledì 12 febbraio 2014

Galileo e il nuovo cielo



post di Francesco Grasso
classe 4 H



Il personaggio rivoluzionario di Galileo presentato dal prof. Piero Romano agli studenti del Liceo Leonardo. Un incontro in cui astronomia, filosofia, fisica e letteratura si fondono in un unico corpus.

Ho visto Venere bicorne / Navigare soave nel sereno. /Ho visto valli e monti sulla Luna/ E Saturno trigemino/ Io Galileo, primo fra gli umani;/ Quattro stelle aggirarsi intorno a Giove,/ E la Via Lattea scindersi/ In legioni infinite di mondi nuovi./ Ho visto, non creduto, macchie presaghe/ inquinare la faccia del Sole./ Quest’occhiale l’ho costruito io,/ Io ne ho polito i vetri, io l’ho puntato al Cielo/ Come si punterebbe una bombarda./ Io sono stato che ho sfondato il Cielo/ Prima che il Sole mi bruciasse gli occhi.     
Primo Levi, Sidereus Nuncius (11 Aprile 1984)


Queste le parole con cui Primo Levi interpreta la missione di Galileo e il complesso rapporto tra scienza e potere che accompagnarono il  Sidereus Nuncius, opera dello scienziato pisano pubblicata il 13 marzo 1610.
Dopo quell’anno, la volta celeste non fu  più considerata il luogo incorruttibile e immutabile verso cui gli uomini avevano sempre volto lo sguardo: essa muta, deperisce, si trasforma. Il telescopio messo a punto da Galileo metteva in evidenza un cielo che appare sempre più complicato, disordinato, al punto da risultare per alcuni uno strumento sacrilego e profanatore dell’antico firmamento.  Cosi come afferma Primo Levi, i libri sono dei nomadi: ciò vale anche per il Sidereus Nuncius, il quale sfugge dai confini propriamente astronomici per abbracciare polemiche, discussioni e suggestioni di tipo politico, filosofico e sociale. 


È proprio sull’ Annuncio Sidereo che verte la disamina condotta dal professore Piero Romano, proposta ad alcune classi quarte del liceo lo scorso 27 gennaio. Contestualizzando l’opera all’interno di un periodo storico segnato dalle censure dell’Inquisizione romana e  dalla visione aristotelico-tolemaica dell'universo dominante nel mondo accademico, il professore ci presenta Galileo come l'uomo rivoluzionario da cui prende avvio la scienza moderna. Viene inoltre messo in rilievo il valore letterario dell’opera, che ci offre una descrizione minuziosa delle osservazioni effettuate e rende al contempo partecipe il lettore, catturato sin dall'inizio dallo stile letterario scorrevole ma  raffinato ed elegante. Durante la lezione l’attenzione viene focalizzata principalmente sull’aspetto tecnico del telescopio e sulle rivoluzionarie scoperte con esso effettuate. La prima scoperta è quella dell’ irregolarità della superficie lunare, caratterizzata da avallamenti e monti, scoperta destinata a stravolgere l’idea tradizionale di astro perfetto. 
Per arrivare a tale conclusione Galileo compie diverse osservazioni svolte in sette diverse notti, le prime sei fra il 30 novembre e il 18 dicembre 1609, l’ultima il 19 gennaio 1610. La sera del 15 gennaio dello stesso anno si rivela decisiva per un’altra formidabile scoperta: i satelliti di Giove. Il “nuovo Colombo” osserva che Giove è dotato di quattro satelliti, definiti in seguito stelle medicee. Oltre ai satelliti di Giove, lo scienziato pisano individua, grazie al suo occhiale, una “moltitudine di stelle fisse” – cosi come egli stesso riporta in una epistola- definendo quella che è la Via Lattea. Con questa scoperta l’infinità dell'universo, proposta qualche anno prima da Giordano Bruno, sembra addirittura prospettarsi "osservabile" tramite le lenti galileiane, “che fanno vedere vicine le cose lontane”. Il telescopio permette ancora a Galileo di scoprire la verità sulla natura tricorporea di Saturno, ipotizzando un anello che ruota attorno al misterioso pianeta. Questa scoperta verrà presentata sotto forma di anagramma all’astronomo Keplero e rappresenta il primo caso  di finzione enigmistica applicata all’astronomia. Importanti sono anche le osservazioni galileiane sulle fasi di Venere e sulle macchie solari. Soprattutto quest’ultimo contributo aggiunge un ulteriore e decisivo tassello a favore della costituzione copernicana dell’universo.

La disamina del prof. Romano sottolinea il ruolo rivoluzionario dell' occhiale galileiano: il suo avvento sulla scena del mondo aiutò a smuovere e rovesciare le vecchie concezioni. La Luna vista con il telescopio appare altrettanto montuosa della Terra; Giove ha le sue lune come la Terra e  il Sole, con le sue macchie,  è corruttibile al pari della Terra. Dunque la Terra è un pianeta come gli altri e, come Venere, si muove intorno al Sole. Ne consegue che tra mondo sublunare e celeste o lunare (come prospettato dal dualismo fisico di Aristotele)  non vi sarebbe alcuna distinzione, in quanto entrambi sono dotati della medesima sostanza  ed unica deve essere la scienza fisica che di essi si occupa.
Di conseguenza il cielo a cui gli uomini si rivolgono non è più il luogo incorruttibile sede dei beati, bensì un nuovo cielo, caratterizzato dalla stessa corruttibilità e mutevolezza della Terra. La Terra, a sua volta, non è più il luogo privilegiato che pone l'uomo al centro dell'universo (concezione antropocentrica oltre che geocentrica), ma un pianeta simile ad altri pianeti all’interno di un sistema formato da una moltitudine di corpi.
Che ruolo occupa l’uomo in questo “spazio infinito”? Non è più al centro dell’universo,ma rappresenta una sua parte infinitamente piccola. Sarà per questo meno siginificativa la sua presenza? E' qui che la scienza avviata da Galileo conduce alla filosofia.

Lo smarrimento dell’uomo di fronte l’immensità dell’universo sarà al centro della riflessione di Blaise Pascal. Egli ritiene che l’uomo sia in una posizione di medietà fra l’immensamente grande e l’immensamente piccolo. Tuttavia la grandezza dell’uomo sta proprio nel rendersi conto della sua piccolezza di fronte all'infinito.

 “L’uomo è solo una canna, la più fragile della natura, ma una canna che pensa. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo; un vapore, una goccia d’acqua bastano a ucciderlo. Ma, quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pure sempre più nobile di quel che lo uccide, perché sa di morire, e la superiorità che l’universo ha su di lui; mentre l’universo non sa nulla. Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero. È con questo che dobbiamo nobilitarci e non già con lo spazio e il tempo che potremmo riempire. Studiamoci dunque di pensare bene: questo è il principio della morale.”(pensiero 347)

Il nuovo cielo di Galileo apriva così altri orizzonti, e non solo per la fisica e l'astronomia. Dopo Pascal, anche Kant ed Hegel cercheranno di dare un senso al ruolo e al posto dell'uomo nella natura, ci consegneranno nuove interpretazioni, nuove prospettive di riflessione. 
Sotto il nuovo cielo, insomma, nulla sarà più come prima.


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