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lunedì 20 gennaio 2014

res cogitans e res extensa


"Confrontiamo a questo punto le due realta`, quelle che il filosofo francese chiama 
res cogitans (la cosa, la sostanza pensante) e la res extensa (la cosa estesa):

1) l’una e` cosciente, l’altra no;
2) l’una è indivisibile, l’altra invece, proprio perchè è spazio, è divisibile all’infinito;
3) l’una è libera, mentre i corpi sono determinati (io posso prendere liberamente una iniziativa,
ma una cometa non può certo decidere di deviare dalla propria traiettoria).

Mente e corpo, cioè, non hanno nulla in comune: è questo il dualismo cartesiano. Non è
pensabile, quindi, che il corpo – che altro non è che una macchina (automa) regolata in
modo deterministico – possa produrre il pensiero o anche solo una sequenza di parole
appropriata in ogni circostanza.

Si tratta di un dualismo ontologico. Esistono cioè due generi di «cose»: il pensiero e il
mondo o, in altri termini, lo spirito e la materia. Se le cose materiali e fisiche si riducono a
cose estese e se il pensiero (l’esperienza soggettiva) non ha nulla in comune con tali cose,
allora il pensiero non è materiale, ma è qualcosa di spirituale.

Così impostato, il dualismo cartesiano fornisce un supporto alla convinzione (filosofica e
religiosa) dell’immortalità dell’anima, ma crea un problema che assillerà a lungo grandi
pensatori: se mente e corpo non hanno nulla in comune, come fanno a interagire tra loro? 
 E perchè, in fondo, dovrebbero interagire? A noi sembra scontato che interagiscano: quando
decido di camminare (la decisione è un evento mentale, cioè immateriale), le gambe (cose
fisiche, materiali) si muovono: quando metto una mano sul fuoco, provo l’«esperienza del
dolore». Mente e corpo, quindi, interagiscono (così, almeno, ci sembra). Ma come fanno a
comunicare tra loro se una è immateriale e l’altra materiale? 
Cartesio, come è noto, in un secondo momento (nelle Lettere e nel trattato Le passioni dell’anima), 
cerca di ricomporre
l’uomo: mente e corpo non coabitano semplicemente, ma costituiscono una vera e propria
unione. Principio di vita è una sorta di fuoco – con sede nel cuore – che dilata il sangue,
muove il cuore e così provoca la circolazione sanguigna. Quando il sangue, attraverso l’aorta,
arriva al cervello, fa affluire in esso gli elementi più sottili (chiamati «spiriti vitali»), gli
elementi cioè più purificati: sono questi elementi che, da un lato, muovono i muscoli tramite
i canali nervosi e, dall’altro (in direzione opposta), creano nella mente la percezione –
coscienza degli oggetti. Il punto di contatto è rappresentato dalla ghiandola pineale – l’unica
a essere collocata in una posizione di mezzo e a non essere doppia – : è questa che apre e
chiude i canali nervosi per il passaggio degli spiriti vitali. 

Una soluzione che si dimostra però
poco convincente sotto il profilo filosofico.

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