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venerdì 14 giugno 2013

Pensiero debole e postmoderno


In cosa consiste la categoria interpretativa del "pensiero debole"?

Secondo questa prospettiva i valori tradizionali sarebbero diventati tali solo a causa di precise condizioni storiche che oggi non sussistono più; per questo motivo deve essere messa in crisi la loro pretesa di verità. A fondamento del pensiero debole c'è l'idea che il pensiero non è in grado di conoscere l'essere e quindi non può neppure individuare valori oggettivi e validi per tutti gli uomini. Il maggiore interprete di questa problematica in Italia è Gianni Vattimo.

Secondo il pensatore torinese, il compito attuale della filosofia non è d'interrogarsi sulla verità, ma di portare alle estreme conseguenze la crisi epocale che si è espressa attraverso il processo di secolarizzazione. Vattimo porta a fondo l'attacco alle filosofie che presuppongono un "fondamento", all'illuminismo, al logocentrismo, al marxismo e insomma al "pensiero forte" e totalitario del moderno; e teorizza l'avvento di un'età nuova, regolata da un "pensiero debole", non dimostrativo e aggressivo, ma volto alla "pietas" nei confronti dei valori storici tramandatici e alla realizzazione di un soggetto non unitario né subordinato all'autocoscienza logica, ma molteplice e poliedrico.(...)Per Vattimo il pensiero è arrivato alla fine della sua avventura metafisica. Ormai non è più proponibile una filosofia che esiga certezze e fondamenti unici per le teorie sull'uomo, su Dio, sulla storia, sui valori. La crisi dei fondamenti ha fatto vacillare ormai l'idea stessa di verità : le evidenze una volta chiare e distinte si sono offuscate. La filosofia nel suo nocciolo più autentico, da Aristotele a Kant, è sapere primo . Con Nietzsche e Heidegger è svanita l'idea della filosofia come sapere fondazionale in quanto:
1) il mondo del sapere si è fatto così complesso che non è pensabile l'esistenza di una scienza che regga tutte le altre in maniera unitaria, fondante;
2) c'è una forte specializzazione delle sfere dell'esistenza ;
3) i mezzi di comunicazione di massa ci mettono continuamente a contatto con altre culture ed è sempre più difficile ridurre tutto ad un' unica matrice;
4) l'evidenza non deve essere considerata come segno della verità , perché essa è prodotta da abitudini, pressioni sociali, convenzioni, trucchi della lingua.
Il filosofo torinese è convinto che la filosofia contemporanea, sulla scia di Nietzsche e del nichilismo, si presenti come pensiero senza fondamenti , come riflessione non più ancorata alle solide basi della metafisica e della certezza cartesiana. Il periodo dei sistemi, delle ideologie forti è tramontato: quella attuale è l'epoca delle strutture deboli . La ragione non è più centrale, è come depotenziata, è entrata in una zona d'ombra ed ha preso, quindi, contorni incerti, quasi come se si fosse eclissata. Il pilastro del pensiero debole è costituito dall'idea che l'uomo legge il mondo entro orizzonti linguistici non fissi ma storici. Alla luce di questi presupposti, si dissolvono:
1) i fondamenti certi;
2) l'idea di una conoscenza totale del mondo;
3) l'idea di una verità certa di cui noi saremmo capaci.
Pensiero debole in poche parole significa che si è consumata la concezione fondazionale della filosofia, si sono dissolti i fondamenti ultimi, i princìpi incontrovertibili, le idee chiare e distinte, i valori assoluti, le evidenze originarie e le leggi ineluttabili della storia. In conclusione con il pensiero debole muta l'immagine della razionalità, la quale deve depotenziarsi, cedere terreno, non aver timore di indietreggiare, non restare paralizzata dalla perdita del riferimento luminoso cartesiano, unico e stabile. In questo modo si inizia con una perdita ed una rinuncia: rinuncia a fondamenti certi e destini ultimi. Ma tale rinuncia è anche l'allontanamento da un obbligo, la rimozione di un ostacolo. In questo modo al passato il pensiero debole si avvicina con la pietas ; al presente ponendo attenzione a quei settori dell'esperienza umana calpestati da uno sguardo totalizzante; al futuro il contenimento del pensiero forte serve a contrastare la violenza e a costruire uno spazio sempre più aperto alla libertà, alla tolleranza, ai rapporti con le altre culture. Il pensiero debole è anche la fine della modernità , di quel periodo che va da Cartesio a Nietzsche e che è dominato dall' idea-forza del progresso umano. Infatti la modernità concepisce la storia come un processo di emancipazione progressiva nella quale l'uomo appare capace di una sempre più perfetta realizzazione della propria natura, di un esercizio sempre più ricco delle proprie facoltà.(...)
Esponente di rilievo dell'ermeneutica contemporanea, fortemente influenzato dal pensiero di Martin Heidegger e di Friedrich Nietzsche, Vattimo ritiene che l' oltrepassamento della metafisica sfoci in un' etica dell'interpretazione . La filosofia diventa pensiero debole in quanto abbandona il suo ruolo fondativo e la verità cessa di essere adeguamento del pensiero alla realtà, ma è giocata come continua interpretazione. Esistono, dunque, diverse ragioni che contrastano le pretese della filosofia fondazionale, ma il motivo di maggior peso è dato proprio dall'ermeneutica, arte e tecnica dell'interpretazione che riguarda il rapporto tra linguaggio ed essere. Esistere significa vivere in relazione ad un mondo e questo rapporto è reso possibile dal fatto che si dispone di un linguaggio. Le cose vengono all'essere solo entro orizzonti linguistici non eterni ma storicamente qualificati. Anche il linguaggio non è una struttura eterna. L'uomo è gettato all'interno di questi orizzonti linguistici, legge ed interpreta l'essere e si rapporta ad essi. Ma, trattandosi di orizzonti temporalizzati, vale a dire non eterni, è chiaro che sparisce ogni pretesa di discorsi o teorie eterne e assolute su Dio, sull'uomo, sul senso della storia o sul destino dell'umanità.
Il grido di Nietzsche "Dio è morto" va inteso da Vattimo nel senso della fine di ogni discorso metafisico che pretende darci verità ultime e definitive. La verità diventa la trasmissione di un patrimonio linguistico e storico, che rende possibile e orienta la comprensione del mondo . La modernità, in breve, vede la storia come progresso guidato da leggi di superamento. Ma se per la modernità la storia è progresso, processo di continuo superamento, allora il pensiero debole è il postmoderno, la fine della storia .



La postmodernità per Lyotard, infatti, è l'epoca di fine millennio ed è caratterizzata dal venir meno delle grandi ideologie (illuminismo, idealismo, marxismo) che costituivano la base della coesione sociale e delle utopie rivoluzionarie ( La condizione postmoderna , 1979). Compito del filosofo, di fronte a una condizione umana profondamente mutata, è quello di individuare criteri di giudizio che abbiano un valore locale, circoscritto, e non pretese globali o totalizzanti.

Ma la fine della modernità apre una fase nuova, una fase di ascolto, di attenzione a ciò che, nella luce forte della ragione e della storia, era non avvertito, o, comunque risultava inintelligibile. E' una fase di apertura e di comunicazione alle "culture altre" , caratterizzata da una visione più tollerante e pacifica della convivenza umana. (Diego Fusaro)


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