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domenica 26 maggio 2013

Chiedo solo di esistere

Ieri sul quotidiano Repubblica è stata pubblicata la lettera di Davide Tancredi, un ragazzo di 17 anni con i sogni e le  speranze di tutti i ragazzi della sua età, ma anche con le laceranti lotte quotidiane per la costruzione di una identità sessuale che il mondo esterno fa fatica a riconoscergli. Le sue parole sono affilate come coltelli perchè nascono da una sincera profonda sofferenza che solleva anche le responsabilità di tutti noi, chiusi e diffidenti, quando non indifferenti, di fronte alla diversità che ogni giorno incrociamo nelle nostre strade e nelle nostre vite. Le parole di Davide non possono rimanere senza risposta. Il presidente della Camera, Laura Boldrini, ha oggi scritto la sua risposta a Davide, invitandolo alla Camera per fargli conoscere le proposte di legge contro l'omofobia. Ci auguriamo che queste proposte, come quelle contro il femminicidio, diventino al più presto norma di legge per tutti, senza eccezioni di sorta. Perchè le leggi contribuiscono a formare un costume, un habitus come lo definiva Aristotele, una civiltà responsabile del suo agire.  I giovani, le donne, le persone hanno diritto di esistere, di vivere e costruire le loro esistenze, oggi già pesantemente provate da una crisi economica devastante. 
L'esistenza non ha sesso nè colore nè età: è un valore e un diritto per tutti, senza differenza alcuna. E da tutti deve essere rispettata, se vogliamo una società migliore, sana, forte.

Pubblico uno stralcio della lettera di Davide. Per leggerla interamente rimando al sito del quotidiano. E invito tutti a riflettere su questo accorato messaggio.

"Io sono gay, ho 17 anni e questa lettera è la mia ultima alternativa al suicidio in una società troglodita, in un mondo che non mi accetta sebbene io sia nato così. Il vero coraggio non è suicidarsi alla soglia degli ottanta anni ma sopravvivere all'adolescenza con un peso del genere, con la consapevolezza di non aver fatto nulla di sbagliato se non seguire i propri sentimenti, senza vizi o depravazioni. Non a tutti è data la fortuna di nascere eterosessuali. Se ci fosse un po' meno discriminazione e un po' più di commiserazione o carità cristiana, tutti coloro che odiano smetterebbero di farlo perché loro, per qualche sconosciuta e ingiusta volontà divina, sono stati fortunati. Io non chiedo che il Parlamento si decida a redigere una legge per i matrimoni gay  -  non sono così sconsiderato  -  chiedo solo di essere ascoltato.

Un Paese che si dice civile non può abbandonare dei pezzi di sé. Non può permettersi di vivere senza una legge contro l'omofobia, un male che spinge molti ragazzi a togliersi la vita per ritrovare quella libertà che hanno perduto nel momento in cui hanno respirato per la prima volta. Non c'è nessun orrore ad essere quello che si è, il vero difetto è vivere fingendosi diversi. Noi non siamo demoni, né siamo stati toccati dal Demonio mentre eravamo in fasce, siamo solo sfortunati partecipi di un destino volubile. Ma orgogliosi di esserlo. Chiediamo solo di esistere. "

TUTTA LA LETTERA DI DAVIDE

domenica 19 maggio 2013

La vera storia della filosofa Ipazia



post a cura degli studenti della classe 3 G

Un epigramma conservato nell’Antologia Palatina, raccolta compilata a cavallo tra il IX° e il X° secolo da uno studioso bizantino e comprendente quasi 4000 componimenti, si rivolge ad Ipazia chiamandola “astro incontaminato della cultura”: un elogio straordinario per una donna la cui luminosa intelligenza le consentì di raggiungere risultati eccezionali nel campo degli studi astronomici, matematici e filosofici.
Nata durante il regno di Teodosio I, la fanciulla potè da subito contare sulla presenza e sull’esempio del padre Teone, che studiava ed insegnava ad Alessandria d’Egitto, fiorente centro culturale dell’antichità, celebre per la sua Biblioteca e per gli studi di carattere filologico. Teone, come la figlia, era matematico e si occupò di dare edizione ad alcune opere di antichi studiosi, tra i quali Euclide. Come attestato da numerose fonti dell’epoca (ad es. la Storia ecclesiastica di Filostorgio e la Historia ecclesiastica di Socrate Scolastico), la figlia, ben presto, giunse non solo ad eguagliare, ma addirittura a superare il genitore per doti intellettuali; ciò che maggiormente veniva sottolineato ed apprezzato da parte dei contemporanei era il fatto che Ipazia non si fosse limitata a coltivare gli studi in ambito scientifico, ma avesse aperto il proprio orizzonte anche a quelli filosofici, tanto da giungere a ricoprire l’incarico di direttore della scuola neoplatonica eretta ad Alessandria. Il neoplatonismo era una corrente di pensiero affermatasi in età ellenistica grazie all’opera di Ammonio Sacco e, successivamente, dell’allievo Plotino, il quale, non a caso, studiò proprio ad Alessandria. La filosofia neoplatonica recepiva i contenuti del pensiero di Platone, rielaborandoli alla luce del contributo di Aristotele, ed ebbe grande fortuna, affermandosi come la dottrina prevalente, per diffusione ed interesse riscosso, sulle altre sviluppatesi nella tarda antichità. Non è noto, peraltro, in che cosa sia consistito l’apporto di Ipazia in campo sia filosofico, sia scientifico: non sono, infatti, pervenute opere scritte di suo pugno ed è possibile, pertanto, affidarsi pressocchè unicamente alle testimonianze offerte da coloro che ebbero modo di conoscerla e di averla per insegnante, in primo luogo Sinesio di Cirene, divenuto in seguito vescovo a Tolemaide, il quale nutrì sempre un rapporto di fedele devozione nei confronti di Ipazia, che lo iniziò alla filosofia intesa non semplicemente come esposizione e studio di singole dottrine, ma in quanto stile di vita. Ipazia, a motivo della sua chiara fama in campo culturale, acquisì lo status di personalità con la quale era inevitabile confrontarsi anche su piani diversi, ad esempio a livello politico: ciò perchè la sua posizione le consentiva di venire a contatto con gli uomini di governo della città, i quali, nonostante la sua identità femminile, le tributavano attenzione e rispetto. E, forse, in qualche modo, la temevano. La scienziata, infatti, fu vittima di una brutale aggressione, che ne provocò la morte prematura, ad opera di un gruppo di chierici fanatici, durante l’episcopato di Cirillo, eminente protagonista del Concilio di Efeso e strenuo combattente delle eresie cristologiche allora dominanti, nonché del paganesimo. La tradizione riferisce che, nel suo furore antipaganeggiante, Cirillo arrivò a decretare la sistematica distruzione degli scritti redatti da Ipazia, un fatto che spiegherebbe la difficoltà, per non dire l’impossibilità, di ricostruirne con precisione il pensiero.
Barbagallo Irene,Carotenuto Gaia, Di Martino Marika, Filippello Francesco, Losi Chiara,Nicotra Giada, Tomarchio Brenda, Tomarchio Ivan, Vitale Carla

La nausea





"Tutto è gratuito, questo giardino, questa città, io stesso. E quando vi capita di rendervene conto, vi si rivolta lo stomaco e tutto si mette a fluttuare... ecco la Nausea [...] La Nausea non è in me: io la sento laggiù sul muro, sulle bretelle, dappertutto attorno a me. Fa tutt'uno col caffè, son io che sono in essa [...] Ed ora lo so: io esisto- il mondo esiste- ed io so che il mondo esiste. Ecco tutto. Ma mi é indifferente. E' strano che tutto mi sia ugualmente indifferente: é una cosa che mi mette paura. E' cominciato da quel famoso giorno in cui volevo giocare a far rimbalzare i ciottoli sul mare. Stavo per lanciare quel sassolino, l'ho guardato, ed è allora che è cominciato: ho sentito che esisteva. E dopo, ci sono state altre Nausee; di quando in quando gli oggetti si mettono ad esistervi dentro la mano".
Jean Paul Sartre, La Nausea

Antoine Roquentin è un intellettuale sradicato che conduce la sua vita a Bouville, città immaginaria che, come si può evincere dalle descrizioni, ricorda Le Havre, dove Sartre si trovava ad insegnare in quegli anni. La vita di questo intellettuale non é certo avvincente e ricca di emozioni: egli alloggia in una camera d'albergo, scrive senza convinzione alcuna la monografia di un personaggio storico minore, va di tanto in tanto a letto con la padrona di un caffè, e si annoia nella solitudine più squallida ed esasperante. Lo circonda infatti un mondo ermeticamente chiuso, l'ambiente meschino e convenzionale della piccola borghesia di provincia, da cui si sente lontanissimo. ' Mi sembra di appartenere ad un'altra specie. Escono dagli uffici, dopo la giornata di lavoro, guardano le case e le piazze con aria soddisfatta, pensano che é la loro città, una bella città borghese. Non hanno paura, si sentono a casa propria... Gli imbecilli. Mi ripugna pensare che sto per rivedere le loro facce solide e rassicurate '. Roquentin si rende conto che non vi é nulla che possa giustificare l'esistenza; è l'uomo che dà senso al mondo, mentre il mondo, di per sé, non ha alcun senso. Riflettendo sulle ragioni della propria esistenza e del mondo che lo circonda, ha l'esperienza rivelatrice della nausea. La nausea è il sentimento che ci invade quando si scopre l'essenziale assurdità e contingenza della realtà. Scoprire che il mondo non ha un senso, così come un senso non ha l'esistenza, provoca la nausea, un disgusto di tutto: oltre che degli uomini, buffi manichini inautentici, delle cose, gratuite e ingiustificabili. 
La vita di Roquentin si scopre dunque priva di senso; nessun scopo riesce più ad orientarla; egli esiste come una cosa, come tutte le cose che emergono, nell'esperienza della nausea, nella loro gratuità ed assurdità: ' ogni esistenza nasce senza ragione, si protrae per debolezza e muore per combinazione '. Tutto gli appare come gratuito, contingente, di troppo. Perchè quel ciottolo? Perchè quella radice? Perchè quegli alberi? Esistono, certo, ma perchè? ' Tutto é gratuito, questo giardino, questa città e io stesso. Quando capita di accorgersene, viene il voltastomaco e tutto comincia ad oscillare; ecco la Nausea; ecco quello che gli Sporcaccioni cercano di nascondere con la loro idea del diritto. Ma che misera menzogna! ' Nessuno ha il diritto. ' Gli Sporcaccioni sono interamente gratuiti, come gli altri uomini '. 
Sono di troppo, tutti lo siamo. Solo che non possiamo impedirci di esistere, nè di pensare: anzi, è proprio in virtù del nostro pensare all'assurdità dell'esistere che siamo colti dalla Nausea; fino a pochi istanti fa, si nuotava in un mare tiepido e pacato e poi di colpo, non appena si riflette sull'esistenza, ci si sente sospesi sopra un abisso. Gli Sporcaccioni nuotano con fiducia e rifiutano di pensare all'abisso, ma Roquentin (e Sartre) vedono la precaria contingenza, la 'fatticità' dell'esistere. (...)Sartre ha vissuto la nausea e ha dovuto scriverla; noi viviamo la nausea e dobbiamo assolutamente leggere questo libro 
(da filosofico.net, 
 Leggi ancora)


power point a cura della prof.ssa Grazia Messina

dall'ontologia negativa alla filosofia dell'impegno


domenica 12 maggio 2013

La virtù che porta alla vita buona




La giustizia è la virtù più efficace, e né la stella della sera, né quella del mattino sono così meravigliose, e citando il proverbio diciamo: nella giustizia ogni virtù si raccoglie in una sola. Ed è una virtù perfetta al più alto grado perché chi la possiede è in grado di usare la virtù anche verso gli altri e non soltanto verso se stesso.

Aristotele, Etica Nicomachea, libro V, I, 1129b


Aristotele distingue fra le virtú legate al carattere (etiche) e quelle legate al pensiero (dianoetiche). Importante la riaffermazione delle due componenti fondamentali dell’anima umana, quella razionale e quella irrazionale. Il termine “calcolatrice” indica la capacità di comprendere il contingente, il transeunte. Il compito specifico dell’anima umana è la ricerca della verità. Nell’etica l’anima determina il fine, mentre le sensazioni e il desiderio elaborano i mezzi, che devono essere in armonia con il fine. Solo cosí la proaíresis  (“scelta”) sarà eticamente buona. (da filosofico.net)



mercoledì 8 maggio 2013

L'anima



post di Marco Scandurra
classe III G

“I confini dell’anima, per quanto lontano tu vada, non li scoprirai, neanche se percorri tutte le vie: così profondamente si dispiega”.

Eraclito

Così esordisce Eraclito in un frammento tratto dal suo Dell’origine, ma questa volta non ci siamo accontentati della sua definizione. Io e la mia compagna Stefania Vitale della classe III G, subito attratti dall’argomento trattato in classe, “anima”,  abbiamo invece cercato di trovare delle spiegazioni riguardo al suo significato, ripercorrendo le orme degli antichi Greci e partendo dall’epoca del mito fino a Platone, analizzando le varie dottrine e i metodi di purificazione e catarsi. La prof.ssa Pia Vacante, docente di filosofia, ci ha guidati durante questo percorso fornendoci ulteriori spunti sulla tematica trattata. E’ nato così un interessante lavoro che abbiamo voluto condividere con i nostri compagni e gli alunni di altre classi dell’istituto seguite dalla professoressa Vacante che erano state già introdotte all’argomento. Così il pomeriggio di giovedì 11 Aprile io e Stefania abbiamo tenuto una conferenza presso l’aula Galileo del liceo insieme ai nostri compagni e alle classi III C e III D per la durata di un’ora circa. Questa esperienza ci ha permesso di condividere i temi trattati, presentare le nostre idee e affrontare infine un dibattito confrontando le opinioni di ognuno sulla sua personale visione dell’anima.

Alla domanda: ”Che cos’è per te l’anima? Come te la immagini?” abbiamo ricevuto diverse risposte fra le quali “ombra che esce fuori dal corpo”,“velo”,“specchio”,”mare”,”acqua”,”energia” e quant’altro la nostra mente riesca a immaginare.

E’ stata un’esperienza stimolante e un’occasione di riflessione sui ”misteri irrisolti” che spesso sono dati per scontati ma che in realtà fanno sempre sorgere un punto interrogativo in ognuno di noi. Alla prossima!




Altre riflessioni o pensieri sull'anima?
Inviateli a Marco come commenti al post!
 

 

mercoledì 1 maggio 2013

Il prospettivismo di Nietzsche


Non esistono fatti, solo interpretazioni di fatti....

di Ylenia Scarpignato
classe 5 B

Nietzsche sviluppa la propria critica all’idea positivistica di verità, sottolineando come quest’ultima sia il risultato di un punto di vista,di un modo di “giocare” con il linguaggio. Egli ritiene infatti che non esistano né verità né falsità, bensì interpretazioni diverse sulla realtà.
L’interpretazione ha un carattere prettamente soggettivo, poiché scaturisce dall’organizzazione della realtà secondo i valori attraverso i quali l’uomo esprime la singolarità della propria esistenza. Per via della soggettività della verità, tutte le verità prodotte si equivalgono in quanto manca un criterio oggettivo sufficiente a preferirne una ad un’altra. Di conseguenza, la vita stessa è uno scontro tra forze prospettiche che convergono nella cosiddetta volontà di potenza. Il rischio che potrebbe scaturire dalla concezione prospettivista è quello di ammettere solo il carattere soggettivo e relativo della realtà: Nietzsche pertanto esalta la figura del genio che, ricorrendo a forze sane e creative, viene investito di una missione cosmica di trasmissione dei messaggi. In un secondo momento del suo pensiero Nietzsche riconosce però l’aspetto mascherato dell’arte, ritenuta pura illusione. Subentra quindi la predilezione per la scienza, esercizio del dubbio che potrebbe aiutare l’uomo a debellare gli errori di cui l’umanità si è fatta carico nel corso della storia. Tuttavia, anche la soluzione della scienza è destinata a vacillare nel baratro delle certezze,e soprattutto ad essere superata da una nuova figura,lo übermensch. Egli appartiene ad una élite di prescelti , perché dotati di facoltà intellettive superiori; il Superuomo si distingue dal “gregge” e si mette a capo di una società dimentica della propria natura libera che però freme per la velleità di ripristinare il proprio spirito dionisiaco.

Munch, Friedrich Nietzsche, 1906
Oil on canvas



Alla luce di quanto elaborato, vista anche la complessità interpretativa della filosofia nietzschiana, ritengo che la sua proposta possa trovare un senso solo all'interno di una "prospettiva di progresso reale":
il progresso di una società può scaturire a mio parere solo ed esclusivamente dall’incontro/scontro fra diverse prospettive perchè è il confronto a far progredire i popoli e a corroborare il senso civico e la capacità di convivenza con concezioni a noi estranee.