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giovedì 31 gennaio 2013

Il mito di Er



Er è un soldato valoroso, proveniente dalla Panfilia (una regione mediterranea dell’Asia Minore), che, caduto in battaglia, dopo dieci giorni viene ritrovato intatto fra i cadaveri putrefatti. Dopo altri due giorni, messo sul rogo per essere cremato, ritorna in vita, con la memoria del mondo dell’aldilà, e narra di un viaggio nell'oltretomba dal quale ha appreso chi e come decide la sorte dei mortali.







Repubblica, libro X

Interessante è la parte centrale sulla scelta delle anime alla reincarnazione. Uscite dalle voragini del cielo e della terra dopo un viaggio di 1000 anni, ed una sosta di 7 giorni, le anime si dirigono per 4 giorni verso la luce della circonferenza del cielo, alle cui estremità è appeso un fuso tenuto a piombo da 8 vasi concentrici, che rappresentano gli otto cieli (Stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Venere, Sole, Luna e terra), fuso che gira sulle ginocchia di Ananke, con accanto le tre Parche (Moire):  Cloto, Lachesi e Atropo per il passato, il presente e il futuro. Figlie di Zeus e Temi, le parche erano la personificazione del destino ineluttabile. Il loro compito era tessere il filo del fato di ogni uomo (Cloto), svolgerlo (Lachesi) ed infine reciderlo (Atropo) segnandone la morte.
Dice la Parca Lachesi:

"Non è il dèmone che sceglierà la vostra sorte, ma siete voi che sceglierete il vostro dèmone. Il primo che la sorte avrà designato sarà il primo a scegliere il tenore di vita al quale sarà necessariamente legato. La virtù è libera a tutti; ognuno ne parteciperà più o meno a seconda che la stima o la spregia.
Ognuno è responsabile del proprio destino, la divinità non è responsabile".
(Platone, Repubblica, X, 617 e)



L'interpretazione

Si tratta di un altro mito meta-filosofico, come quello della biga alata.

Il ritorno di Er dal regno dei morti è un’immagine forte dello spirito che ispira la metafisica di Platone: la realtà esiste solo nella misura in cui è viva e in tensione verso il meglio. Noi esistiamo in maniera piena solo se sappiamo fare le nostre scelte – se sappiamo, cioè, valorosamente morire e consapevolmente rinascere, senza dimenticare nulla, come nel racconto straordinario che mette fine alla Repubblica.
La virtù, dipendendo da noi, non ha padrone: possiamo essere veramente virtuosi se riusciamo a trascendere la nostra identità, per ricordare le condizioni sovraindividuali della scelta – facendo parte di una comunità di conoscenza che supera il tempo e lo spazio. Se la virtù richiede la conoscenza, come memoria che supera l’individualità,  ne segue una conclusione che non può essere dimenticata:
la conoscenza non ha né può avere padrone.

Questo mito insiste dunque sulla responsabilità delle nostre scelte: nessuno di noi può sottrarsi alle scelte (torneranno su questo tema anche Kierkegaard e Sartre) e portiamo la responsabilità morale delle nostre azioni, cui dobbiamo imputare la nostra felicità o infelicità, secondo un criterio assoluto di giustizia.

3 commenti:

  1. Il mito di Er tratta diversi argomenti. Indiscutibilmente è presente il tema dell’immortalità dell’anima che, grazie alla sua trasmigrazione in un altro corpo (metempsicosi), che sia uomo o animale, può intraprendere una seconda vita dopo la morte del corpo nel quale si trovava in precedenza.
    Un altro aspetto da tenere in considerazione è il collegamento che noi abbiamo con il nostro destino. Infatti, sono le anime stesse a scegliere il proprio futuro, le moire mostrano solo le varie scelte possibili, i diversi modelli di vita a cui far riferimento. È vero che vi è una casualità, dettata dal sorteggio dei numeri, ma la decisione finale spetta proprio a noi durante l'intervallo di tempo che va dalla morte corporea alla reincarnazione e per questo, dobbiamo stare attenti a compiere una scelta giudiziosa e a non lasciarci abbagliare dall'apparenza di certe vite, che celano peccato e infelicità. Comunque le anime buone, che hanno vissuto per 1000 anni in una sorta di Paradiso, adesso, saranno più soggette alla tirannia, al desiderio di potere, all’avidità. Contrariamente chi ha passato 1000 anni in una sorta di Purgatorio, come Ulisse, e quindi ha conosciuto la sofferenze e il dolore, è maggiormente attratto da una vita più tranquilla, lineare e sicuramente più semplice. Inoltre chi ha condotto una vita saggia, sceglierà il proprio destino con sapienza e si reincarnerà in un filosofo.
    Un ultimo rilevante elemento è il risveglio di Er dalla sua morte che simboleggia il ricordo, la reminiscenza, ovvero la facoltà di richiamare alla memoria le cose vedute e apprese durante il viaggio nell’iperuranio.

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  2. "Noi siamo quello che scegliamo",
    una massima vera, percettibile, ogni scelta che prendiamo comporta una rinuncia ma anche una conquista, cosa siamo disposti a perdere? Cosa siamo disposti a ottenere?

    Platone pone l'anima davanti a una scelta, una scelte che le segnerà la vita, il destino, il futuro, scelta che non appartiene a nessun'entità superiore, solo a se stessa.

    Con questo si intende che siamo noi giorno dopo giorno a costruirci il nostro destino, con le scelte che prendiamo, e non possiamo incolpare niente meno che noi se quello che abbiamo non è quello che volevamo.

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  3. Il mito più interessante fra i miti che ho studiato di Platone. La scelta della sorte dell'uomo dipende esclusivamente da lui stesso,ovvero, l'uomo deve essere in grado di decidere al di là dei suoi pensieri individuali. Quindi secondo Platone, il destino dell'uomo non è già scritto,ma deve essere lui a costruirselo..

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