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giovedì 13 dicembre 2012

Su quella che alcuni chiamano "occupazione"


post della prof.ssa Grazia Messina

 
Questo spazio è nato per esprimere idee e riflessioni che le nostre intelligenze sono in grado di maturare di fronte al reale e al quotidiano fluire degli eventi. Pertanto oggi ritengo necessario utilizzarlo per dare spazio al dissenso dei docenti del Liceo Leonardo già espresso nel documento pubblicato questa mattina nel sito della scuola.

L'impossibilità per la maggioranza della comunità scolastica- studenti, docenti, personale- di accedere ai locali della scuola a causa della presunta protesta di una minoranza di studenti che non ha ancora formulato una chiara e necessaria -come in ogni civile dissenso- motivazione della propria scelta e del proprio agire,  è avvertita da chi è bloccato ai cancelli come atto di prepotenza e prevaricazione di stampo decisamente antidemocratico.

Si collabora nella costruzione di una scuola migliore in qualità e risorse  attraverso il dialogo e il confronto che la democrazia ci ha insegnato a coltivare, aprendo gli spazi della condivisione e della conoscenza all'apporto che solo dalla pluralità delle presenze e dalla loro libera dialettica può derivare. Chiediamo tutti investimenti seri sulla cultura e l'istruzione, crediamo senza riserve nella necessità di potenziare la scuola pubblica e di tutelare il diritto allo studio ma proprio per questo bisogna essere all'altezza delle richieste avanzate: prepotenza, superficialità ed arroganza non sono di certo i mezzi per procedere sulla giusta strada.



post della prof.ssa Gabriella Gullotta

Ma davvero laissez faire laissez passer?

Tutto scorre e nulla permane. Questa antichissima massima di Eraclito non vale solo per spiegare le complesse fenomenologie dei processi biologici, le dinamiche geometrie del pensiero o i mutevoli sistemi delle aggregazioni sociali, ma vale anche per meglio comprendere situazioni più semplici. Quanto è accaduto in questa prima parte dell’anno scolastico in moltissime scuole italiane è la prova che le storiche forme di protesta studentesca degli anni Settanta sono ormai anacronistiche, assolutamente inadeguate ad aggredire e modificare le inefficienze e le schizofrenie del sistema per la semplice ragione che ogni epoca storica deve necessariamente produrre anticorpi specifici per aggredire le proprie patologie.
Ad una riforma dell’istruzione che comprime il monte ore, che diminuisce il numero delle classi affollando fino al didatticamente insostenibile, che decurta progressivamente sia le risorse umane che le risorse economiche, non si può rispondere bloccando l’attività scolastica che ancora si riesce a fare, poiché a tale occupazione non segue uno scontro perché l’antagonista è molto diverso rispetto a quello più politicamente definito di quarantenni fa. Dunque le occupazioni di questi giorni sono atti autolesionistici quando non sfociano in meri atti vandalistici. Le occupazioni degli anni Settanta provocavano uno scontro durissimo tra il desiderio di innovazione portato avanti dai giovani e la rigidità ottocentesca delle istituzioni, le quali, infatti, reagivano prontamente per ostacolare e sopprimere immediatamente queste forme di protesta. II fatto che nessuno oggi reagisca per sgomberare le scuole occupate, che gli organi di informazione non trattino l’argomento o lo inseriscano quasi distrattamente nei servizi di coda dovrebbe far riflettere quei pochi giovani che forse in buona fede e con sane spinte idealistiche hanno deciso di occupare le loro scuole. La situazione politica e socio-economica è ben diversa rispetto a quella degli anni Settanta in cui la scuola pubblica era il fulcro della società civile perché attraverso di essa (soprattutto nei licei) si formavano le cosiddette “classi dirigenti” e il turn over tra vecchi e giovani andava oculatamente controllato. Ora non è più così, la scuola pubblica non è più al centro della società civile italiana e non basta a formare la classe dirigente. La scuola è stata profondamente svalutata perché scuola dell’obbligo e scuola di massa, anziché essere considerate straordinarie conquiste civili, quali esse sono, sono state interpretate da un’errata politica dell’accoglienza, del lasciare passare tutto e tutti, come un noioso passaggio obbligato, una sorta di fastidiosa malattia esantematica che tutti devono ‘passare’ velocemente rimanendone immuni.
Eppure nell’attuale scuola italiana vi sono alunni ed alunne straordinari che credono ancora nel valore aggiunto del sapere, che alimentano con molteplici modalità l’insopprimibile bisogno di conoscere e di scoprire per migliorare se stessi e il mondo in cui vivono. Circolano nelle scuole energie pure, intelligenze brillanti e fervide di interrogativi che si scontrano quotidianamente con un orizzonte politico-sociale sempre più ristretto, miope, gretto e, a volte, grottesco. Dunque nelle medesime affollate aule convivono giovani con una grandissima voglia e capacità di pensare e fare a cui la scuola, pur con le sue difficoltà e le sue intime contraddizioni, riesce a fornire quello che nel burocratichese delle riforme scolastiche formato azienda si chiama know how e giovani che, pur avendo esaurito l’obbligo scolastico, non si orientano verso nessun mestiere, ma stazionano nelle classi e, con un misto variabile di indolenza ed arroganza, aspettano che i professori si liberino di loro per logoramento, promuovendoli di anno in anno per scaricarli poi sulle spalle della cosiddetta società civile. Le famiglie di questi studenti a vuoto, spesso sostengono, con le loro giustificazioni d’ufficio o con la loro totale assenza, tale patetico decorso poiché tutti inseguono lo status obbligato dell’inutile pezzo di carta che va dato comunque anche ai loro rampolli, a prescindere dal fatto che sappiano leggere scrivere e far di conto anche perché, a loro insindacabile giudizio, i suddetti rampolli sanno meglio e di più dei loro insegnanti che pertanto non possono, ovviamente, comprenderli. Tale convivenza tra le due tipologie di studenti il più delle volte è pacifica e tollerata perché nella comune accezione di una scuola-azienda contano il numero non degli studenti quanto degli utenti e se a questo si aggiunge il ricatto del taglio delle cattedre nel caso in cui gli alunni decrescessero, il gioco è fatto e la pratica della selezione oltre a non essere politically correct è anche antieconomica e autolesionistica per docenti e personale ATA.
Eppure qualche volta i nodi vengono al pettine. È il caso dell’occupazione del Liceo Scientifico Leonardo di Giarre. Un fatto che può diventare emblematico e può aiutarci a riflettere e a ri-orientare il percorso in un’ottica di cambiamento permanente specie in una società “liquida” qual è quella in cui siamo immersi.
Il Liceo Leonardo è stato occupato ieri mattina da un gruppo minoritario di studenti, forse un centinaio, dopo una settimana di autogestione alla fine della quale, attraverso una votazione interna, la stragrande maggioranza degli studenti si era espressa contro l’occupazione. Fuori dai cancelli sono rimasti mille studenti, tra questi qualcuno sicuramente se la rideva perché un manipolo di temerari avevano fatto il lavoro sporco e loro potevano godersi uno spezzone inaspettato di vacanza salvifica, visto il periodo denso di verifiche e interrogazioni che precede la pausa natalizia. Ma fatte queste sottrazioni, rimane uno zoccolo duro, un nucleo qualitativamente preziosissimo di giovani che ti pone domande su come sia possibile un fatto così grave quanto inutile alla causa del cambiamento e del miglioramento della scuola. Io da docente, nonostante l’amarezza e il disorientamento iniziale, ho cercato di guardarmi intorno e di riflettere. Gli occupanti hanno prontamente sciorinato gli striscioni di circostanza, sgrammaticati e assolutamente inconcludenti in cui si misura la penosa afasia dei mittenti. I guardiani dei cancelli, con cui noi insegnanti abbiamo cercato di interloquire, sono ragazzini di primo secondo anno al massimo che si esprimoo perlopiù in dialetto e alle domande stringenti del tipo “Ma perché state occupando” farfugliano risposte del tipo: “Non siamo tenuti a parlare con voi” oppure “Boh, che ne so”. Oggi è stato il secondo giorno di occupazione, ma ancora non c’è nessun documento, nessuna traccia visibile di pensiero costruttivo o di nuovo e progressivo evo che avanza, ma soltanto la pena di una scuola sbarrata, di una maggioranza di studenti che vorrebbe rientrare a scuola e fruire di quel servizio che, pur se tra tante difficoltà, la scuola offre loro, a cui si oppone in maniera del tutto antidemocratica una minoranza piuttosto inconcludente, incapace o forse del tutto disinteressata a comunicare e a farsi comprendere. Pasolini, che di contestazioni, poteri, fascismi e mutazioni antropologiche, ha ampiamente discusso (forse fino a morirne) scriveva che la morte non sta nel non poter comunicare ma nel non potere più comprendere. E noi questo lusso non ce lo possiamo permettere.
Ecco perché, pur avendo anch’io protestato e scioperato contro le ultime riforme, non condivido nulla di questa occupazione in quanto essa non comunica nessun senso, se non l’arroganza impotente dell’ignoranza e finiti i bagordi tutto si spegnerà tristemente. Quanto accaduto costituisce la prova che se davvero si vuole cambiare bisogna credere fermamente su quanto ciascuno di noi fa ogni giorno, chi come genitore, chi come docente, chi come studente, i sistemi si mutano con la fatica e con il lavoro e chiedendosi il senso di quel che si fa. Per quanto concerne noi docenti bisogna che ci rendiamo conto che per valorizzare tutte le potenzialità che vi sono nei nostri studenti bisogna a valutare il valore della qualità e non quello della quantità, ovvero a tutti va data l’opportunità di studiare ma chi non ha voglia va orientato verso altro, bisogna avere il coraggio di dire dei no, porre dei limiti e rialzare l’asticella, diversamente davvero concorreremo a spegnere tutto.
Un vecchio detto recita: all’asino si può insegnare come si beve ma non gli si può insegnare ad aver sete.



post della prof.ssa Maria Allo


 La libertà autentica, in poche parole, è intellettuale, riposa nel potere educato del pensiero.
(J. Dewey)
Noi  docenti  non mettiamo in dubbio la fondatezza delle proteste del movimento studentesco, qualche forma di contestazione è legittima, solo per non accettare passivamente le ” schizofrenie” del governo di turno ,ma   l’occupazione  non è l’unica modalità di contestazione e quella  attuata al Leonardo   non è assolutamente una delle forme di protesta più razionali, non mira a costruire ,ma ad ottenere  Non siamo tenuti a parlare con voi” oppure “Boh, che ne so”.       Il nichilismo si presenta oggi  come la conseguenza della svalutazione dei più alti valori dell'esistenza umana:l'anima, la libertà, l'impegno per gli altri.....E' il sentimemto della mancanza di valori di tutto. Nulla ha più senso, nulla ha più valore: la vita, gli ideali, i progetti, la tensione verso il futuro.E' una generazione che fa fatica a crescere . Solo un terzo dei nostri giovani ci prova e ce la fa. Un altro terzo è in bilico, gli altri sembrano decisamente perduti .
 L’occupazione, fra l’altro, è un reato e implica forti responsabilità civili e penali per chi vi partecipa e per i loro genitori, ugualmente tenuti a rispondere (sul piano civile e penale) delle azioni dei propri figli, nonché tenuti al risarcimento dei danni riscontrati a conclusione dell’occupazione medesima (porte, finestre, danni alle strutture, ai servizi, alle suppellettili e ai sussidi didattici e strumentali, agli estintori, al sistema idrante antincendio, al sistema anti intrusione, ecc.) e ciò anche nel caso in cui non sia possibile individuare i responsabili. Rimarranno la beffa e i danni, nonostante le contestazioni avute finora, giudicate  contestazioni faziose di una minoranza di alunni per nulla interessati ad innalzare la qualità della nostra scuola e lesive nei confronti di alunni con maggior senso vitale, che reagiscono al conformismo imperante , che guardano al futuro con una certa fiducia.Sono quelli che non si arrendono, che rimproverano alla società di non mettere  paletti, reclamando ad alta voce, dalla scuola, dal mondo delle istituzioni,dallo stesso mondo del lavoro, più chiare indicazioni di comportamento morale e civile. Non divieti o sanzioni, ma criteri di orientamento per impostare la propria vita.Sono i ragazzi più motivati del Leonardo , capaci di andare controcorrente e che manifestano un atteggiamento positivo fondato su  radici solide .Se è vero, come dichiarava Henri Bergson, che”l'idea dell'avvenire è più feconda dell'avvenire stesso”, noi docenti ci metteremo a lavorare su questo concetto, a coltivarlo, a fertilizzarlo, come del resto
 abbiamo sempre fatto.I diritti delle generazioni future sono i doveri delle generazioni attuali. La loro vita domani dipende dalla cura che ne abbiamo oggi.
Per questo invito anche i genitori a fare opera persuasiva presso i propri figli occupanti perché prendano consapevolezza dei rischi e delle possibili gravi conseguenze che l’occupazione può comportare, tanto sul piano delle responsabilità individuali e collettive (civili e penali) che sul piano didattico, conseguenze che toccheranno tutti, sia coloro che aspirano a risultati eccellenti, sia coloro che necessitano di essere sostenuti. Vale la pena pensare ad altre forme per fare sentire la propria voce, non essendo di alcuna utilità l’occupazione, poiché risulta ormai palese che non vi è alcuna prospettiva di poter cambiare le cose.


post della prof.ssa  Angela Cavallaro

Viviamo un momento storico terribile, un momento che ci costringe a riflessioni serie e a considerazioni ponderate di certe posizioni.
Ho vissuto gli anni settanta, formidabili e anch’essi terribili, in questo stesso liceo e appena entrata si sconvolse  tutto il mio mondo di bambina per aprirsi davanti a me  il mondo di cittadina e donna consapevole, pronta a lottare per una società più giusta. Ricordo che si fecero ben tre mesi di sciopero per il diritto alla partecipazione attiva allo studio e alla vita scolastica. La nostra giornata era scandita da assemblee e collettivi il cui cardine era la discussione, lo svisceramento dei problemi, la voglia di proporre soluzioni, di far capire ai nostri docenti e agli adulti le nostre istanze. Nessuno si sognò di andar oltre, forse consapevoli dei limiti imposti dalla legalità o forse consapevoli di avere genitori severi che ci aspettavano a casa pronti a “sanzionarci” se solo avessimo tentato una qualsiasi azione illegale.
Sono stati anni ed esperienze molto formative per la mia coscienza civile e per questo devo ringraziare la scuola.
Da docente periodicamente ho visto i nostri alunni risvegliarsi verso movimenti di presa di coscienza che passano naturalmente per le vie della protesta e  vivendolo dall’altra parte della barricata come adulta e docente ho sempre cercato di privilegiare il dialogo e il confronto civile, sempre nell’ottica della “discussione, lo svisceramento dei problemi, la voglia di proporre soluzioni”, e devo dire che finora il dialogo, a volte anche lo scontro, c’è stato, ma è sempre stato costruttivo, questa volta invece no, qualcosa è diverso…il dialogo e nemmeno lo scontro è più possibile.
Anch’io ho protestato contro questo sistema che riserva continui tagli e misure restrittive  alla scuola e alla cultura, ma non condivido questa occupazione illegale della scuola, in quanto non ci sono argomentazioni, non c’è discussione, non c’è dialettica; i fautori sembrano spinti solo da spirito di emulazione, dal desiderio di avere i propri “quindici minuti di popolarità” di Warholiana memoria e peggio ancora hanno scavalcato ogni forma di decisione democratica. Durante la settimana di autogestione, concessione importante per gestire al meglio lo spazio formativo, non ho visto un solo documento o sentito una sola argomentazione in cui venissero fuori delle istanze, chiare o confuse poco importa, e se portati a riflettere, a colloquiare, i ragazzi al massimo si sono limitati (quelli più educati) a tacere, con l’aria di chi non vede l’ora che suoni la campana per mandarti a quel paese.
Condivido pienamente le riflessioni delle mie colleghe: è giunto il momento di riflettere e di ponderare le nostre posizioni e i nostri ruoli, ma dobbiamo farlo tutti: docenti, ragazzi e soprattutto genitori.
post della prof.ssa Pia Vacante
Credo che un'azione di questo tipo sia da qualificare come anti-democratica. Non è possibile che un gruppo ristretto, molto ristretto di ragazzi inesperienti e senza nessuna idea di ciò che significhi attuare una vera protesta, possa tenere in pugno più di mille persone. Questo tipo di azione, a mio avviso, può essere considerata come esercizio di una tirannia, e che questa tirannia sia esercitata da una minoranza rende il gesto ancora più grave. Ritengo anche che l'assenza della maggior parte degli studenti dalla scuola in questi giorni sia anch'essa da valutare come accettazione passiva di ciò che sta accadendo. Esorto quindi tutti gli studenti del Leonardo a venire a scuola da domani, anzichè poltrire nel letto, per manifestare il loro dissenso relativamente a questa occupazione insensata, anacronistica e soprattutto lesiva del diritto allo studio.
E' molto semplice: loro pensano di lottare per il diritto allo studio, ma di fatto fanno di tutto per boicottare il nostro lavoro di insegnanti e il desiderio di studiare in chi riesce ancora a conservare la genuinità di questo importantissimo valore sociale


Venerdì 14 dicembre 2012: terzo giorno di "occupazione" del Leonardo


post degli studenti del Liceo Leonardo

Sono già tre giorni che i cancelli del Leonardo rimangono chiusi. Noi, però, continuiamo a venire qui, davanti alla nostra scuola, nella speranza che tutto questo presto finirà, che finalmente potremo tornare tra i banchi.
Ogni giorno che passa, si continua a perdere tempo prezioso per la realizzazione del nostro futuro, per la quale il diritto allo studio ha un ruolo fondamentale.
Conosciamo le problematiche che affliggono il nostro Paese, ma non riteniamo che l’occupazione del nostro Istituto, in questo contesto politico-sociale, sia il mezzo migliore per risolverle.
Ancor più riconosciamo che qualsiasi atto di forza non è il migliore per manifestare il nostro malcontento, specie se operato contro la volontà della maggioranza di noi stessi studenti. Gli strumenti per ottenere l’occupazione sono stati la disinformazione e la volontà di imporsi ad ogni costo, che molte volte è scaduta nella prepotenza e nella rabbia.
Non vogliamo che la situazione nazionale attuale ci porti all’esasperazione, alla violenza, all’antidemocrazia e, soprattutto, all’ignoranza e all’inimicizia. I mezzi per combattere l’ingiustizia sono la lealtà e la verità: né la rabbia né l’arbitrarietà degli atti di questi giorni ci dimostrano che questa singola protesta è sostenibile, tantomeno giustificabile.
Proponiamo inoltre, come soluzione concreta ai problemi interni al nostro edificio scolastico, un sopralluogo delle autorità competenti, per ottenere insieme un risultato migliore.

Gli studenti del Leonardo che credono nella lealtà e nel dialogo

 

post della prof.ssa Pina Borzì

È miope chi vede solo il sentiero su cui cammina
e solo il muro su cui si appoggia.
Gibran

 Nella più che cinquantennale storia del Liceo Leonardo di Giarre mai era accaduto che il malessere, la protesta degli studenti degenerasse nella cosiddetta “occupazione” della scuola. Il nostro Liceo è sempre stato un liceo accogliente, dalle “porte aperte” e si è sempre distinto per la civile protesta, sostenuta da documenti scritti che ne spiegavano le ragioni. Per chi, come me, da molti anni vive e lavora a contatto con i ragazzi del Leonardo discutere i punti di vista diversi, esprimere democraticamente le idee, tutelare il patrimonio umano e di risorse della nostra scuola è sempre stata la normalità,  il punto fermo della comunicazione tra le varie componenti. Quando mercoledì mattina alle otto mi sono trovata davanti al cancello della scuola sbarrato da un catena, quasi non mi capacitavo di quanto stava accadendo.
Attraverso le pagine di questo blog vorrei esprimere il profondo senso di contrarietà e delusione che la sedicente “occupazione” del Liceo Leonardo di Giarre, ad opera di una minoranza di studenti, suscita in noi docenti, per il passo in più che non si doveva fare e di cui non c’era alcun bisogno, perché altre sono le vie attraverso cui occorre risolvere i problemi della scuola e della società. Strade certamente più costruttive e più serie della inutile, costosa e poco responsabile cessazione dell’attività didattica di cui c’è tanto bisogno per preparare le giovani generazioni ad affrontare la ricerca di lavoro e di realizzazione.
Posso comprendere la delusione dei giovani di fronte alle incertezze del presente e del futuro, posso comprendere la demotivazione di tanti docenti per il mancato riconoscimento del nostro ruolo, posso comprendere il disagio di tanti genitori per la mancanza di dialogo con i figli, ma senza un patto condiviso di responsabilità reciproche, senza una catena di solidarietà e di impegno serio, senza la messa in comune delle esperienze e delle risorse di tutti non si costruisce un futuro migliore.
La scuola ha bisogno di più “scuola”, non di annullare l’essere scuola, di più presenza e impegno personale. Il diritto allo studio, all’informazione, alla partecipazione, alla cultura non può essere vanificato da cancelli chiusi e porte sbarrate, da contrattazioni senza titolo di un gruppo minoritario.
Occorre agire non reagire, occorre sapere di più non presumere di sapere, occorre saper fare non immaginare di fare e di essere.
 Il “pensiero debole” che sostiene questa occupazione, della quale  non si sa dire neppure il perché e il cosa si vuole, ci richiama all’urgenza di una rigorosa formazione culturale e civica, per la quale ciascuno, con onestà e responsabilità, può e deve esercitare il proprio ruolo, restando al proprio posto.
                                        
                   
 post della prof.ssa Carmela Turnaturi

E' la terza estenuante giornata trascorsa davanti ai cancelli chiusi del "Leonardo". Un gruppo di studenti vi si è asserragliato dentro.  I più sono fuori, in aperto dissenso con quelli che, con un colpo di mano (in altri Stati e in altri tempi si sarebbe chiamato golpe), hanno disatteso la volontà della maggioranza  democraticamente espressa in seguito a  una serie di consultazioni, avvenute magari tra un pò di confusione,  ma dalle quali è emersa la chiara contrarietà a forme di protesta quali l'occupazione.
 Una forma di protesta che, penso, sia stata percepita da moltissimi come lontana anni luce, fuori dall' immaginario corrente, praticata da alieni in anni che furono. E poi, perchè l'occupazione? Se lo saranno chiesto in molti, tanto più di fronte all'insussistenza dei motivi per i quali, a detta dei fautori, andava fatta. Passi l'autogestione, accettata e condivisa  (più soft e più "moderna") e, in ultima analisi, vissuta come un anticipo di vacanze. Ma l'occupazione? Ci si rende conto che non è proprio il caso. Prevale il buon senso. Ma  ecco che un manipolo di moderni masaniello prende la fatidica decisione, a dispetto della volontà della maggioranza. Atto gravissimo, se è vero come è vero, che viviamo in democrazia, facciamo parte del mondo occidentale e l'esercizio della libera opinione è  uno dei principi basilari su cui si fonda la convivenza civile. Libera opinione, non libera sopraffazione. Al di qua dei cancelli, sulla strada, la condanna è unanime. Studenti e professori in sintonia: cosa si vorrebbe cambiare o migliorare sulla base di queste premesse? perchè privare i più della loro scuola, della loro voglia magari di discutere e di confrontarsi? perchè impedire l'ingresso in un luogo che per sua stessa natura, come l'agorà nell'antica Grecia,  è deputato all'esercizio della dialettica? 
 E allora la cosiddetta "occupazione" appare per quella che è: una forzatura, una sbiadita e anacronistica imitazione, svuotata di senso. Altri gli strumenti, altra la consapevolezza, altro il percorso per un vero cambiamento. Ma forse qualcosa non ha funzionato..... Conviene fermarsi un momento a riflettere.
 
 
 
 
 
 
                                                 

1 commento:

  1. L'Occupazione del Liceo Scientifico Leonardo
    In uno Stato democratico come il nostro, tutti hanno diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto, ed con altri modi sanciti dalla nostra Costituzione, quali ad esempio lo sciopero e le manifestazioni; esprimere le nostre opinioni infatti, fa parte dei diritti fondamentali riconosciuti all’individuo.
    Spesso però capita che una minoranza, con la prepotenza, l’arroganza, e qualche volta purtroppo anche con la violenza, riesca ad offuscare il diritto di manifestare liberamente e pacificamente, e trasformi un modo lecito di esprimere il proprio pensiero, in un grave fatto di cronaca ( mi riferisco ai fatti di sangue che negli ultimi mesi hanno macchiato molte piazze italiane in occasione di cortei organizzati da studenti e lavoratori).
    La scorsa settimana, qualcosa di simile si è verificato nella nostra scuola: incuranti della volontà della maggioranza degli studenti, abbandonando ogni forma lecita di protesta, calpestando i diritti e le priorità di ognuno di noi, disattendendo a mio avviso i principi della democrazia, un gruppo di studenti ha occupato gli edifici del nostro istituto, soffocando la libertà di espressione di quanti come me avrebbero voluto una forma di protesta più intelligente ed efficace!
    Strumentalizzando ciò che purtroppo sta minacciando la Scuola italiana, ed affiancando ad esso una serie di “ridicoli presunti problemi “ presenti in questo liceo ( serpi, topi e quant’altro), questi nostri coetanei hanno cercato di giustificare questo loro assurdo comportamento. Il risultato però è stato solo quello di costringere per cinque giorni una popolazione scolastica a sacrificare i propri programmi per stare fuori dai cancelli, ed assistere al loro ridicolo momento di gloria, fatto di interviste, telecamere, e provocazioni!
    Una minoranza di studenti, che purtroppo non ha capito che la linea vincente per poter affermare i propri diritti, deve essere quella del dialogo e della coesione del gruppo, che solamente se unito può sostenere in maniera efficace le proprie idee!!!

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