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giovedì 18 ottobre 2012

Da Kant ad Hegel

"Due cose riempono l'animo con sempre nuovo e crescente stupore e venerazione, quanto più spesso e accuratamente la riflessione se ne occupa: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me"

Kant, Critica della ragion pratica



"Del resto, per quel che si riferisce all'individuo, ciascuno è, senz'altro, figlio del suo tempo; e anche la filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero..."
Hegel , Lineamenti di filosofia del diritto



Nella storia del pensiero filosofico la speculazione hegeliana viene generalmente considerata in contrapposizione al criticismo kantiano, o quantomeno come un superamento di quest'ultimo,  specie quando si assume come categoria di lettura il binomio Romanticismo-Illuminismo e le sue più ampie implicazioni culturali. Capita anche, durante lo studio scolastico, di prendere posizione a favore dell'uno o dell'altro per difenderne atteggiamento e prospettiva di riflessione.

Eppure i due filosofi tedeschi sono profondamente legati dall'attenzione rivolta all'uomo come soggetto di conoscenza e di pensiero, concepiscono entrambi la filosofia come grande struttura interpretativa per accedere a ciò che l'uomo, con la sua facoltà razionale e con la sua volontà pratica, è in grado di tracciare nel mondo. E certamente nel pensiero di Hegel la "rivoluzione copernicana" di Kant è fondamento ineludibile.
Lo studioso  Vittorio Hosle  invita a comprendere Hegel partendo da Kant. Egli sostiene che nel passaggio da Kant a Hegel  si tenta un superamento dei dualismi che caratterizzano il  pensiero kantiano, per esempio quello tra ragione teoretica e pratica, tra normativo e descrittivo (con implicazioni etiche e con la complicazione di un Dio posto come istanza di conciliazione), tra concetto e intuizione. Altro problema fondamentale è quello della cosa in sé, inconoscibile per principio, che Fichte eliminerà radicalizzando l'idealismo soggettivo: se Kant aveva dato per scontate la validità della scienza, della morale e dell'estetica, Fichte porrà un problema di fondazione, come del resto tutto l'idealismo tedesco, prendendo le mosse dall'innegabilità riflessiva dell'autocoscienza, Schelling conferirà invece una nuova centralità alla filosofia della natura, Hegel infine riformulerà il problema dell'assoluto nel sistema, dando largo spazio alla filosofia dello spirito e coronando così lo sviluppo postkantiano. Nonostante la profonda ammirazione per la sua opera, Hegel ha profondamente criticato Kant, per esempio riguardo al problema della critica e della metafisica. Per Hegel la critica deve essere parte integrante della filosofia, la natura ha dignità ontologica e l'essere stesso ha valenza ideale e non è pertanto contrapposto al dover essere, Hegel inoltre ha dato spessore etico alla sua filosofia pratica riflettendo sulle istituzioni e mettendo in guardia dai pericoli della moralità kantiana, analizzati in particolare nella logica del Terrore rivoluzionario.
Hösle analizza quindi le principali differenze nella concezione della ragione tra Kant e Hegel, anche rispetto al problema dell'esperienza, rispetto alla concezione dell'autosviluppo del concetto in Hegel e alla diversa funzione della dialettica; Hegel non avrebbe però risolto a sufficienza il problema della normatività e descrittività; per finire Hösle ricorda che né Kant né l'idealismo tedesco avrebbero comunque risolto il problema del rapporto tra anima e corpo, tuttora di grande attualità. In Hegel si ha la scoperta del mondo intersoggettivo ed un'importante ontologia delle istituzioni, ma egli non sarebbe riuscito a conciliare tali prospettive con la sua metafisica, che, restando alla dualità di soggetto e oggetto, non fonda l'intersoggettività; altro problema irrisolto è quello del rapporto tra teoria e prassi: Hegel ha giustamente condannato il dover essere kantiano e i suoi rischi di utopismo astratto, d'altro canto ha ipotizzato una specie di esaurimento della funzione della ragione nello Stato postrivoluzionario.


procediamo con altre riflessioni...

....cosa avvicina o divide i due filosofi secondo te ?

DAL CRITICISMO ALL'IDEALISMO
scheda

FICHTE E SCHELLING
mappe concettuali

5 commenti:

  1. La filosofia hegeliana muove proprio dal criticismo kantiano e, considerato ciò, sarebbe assurdo ritenere che non ci sia alcuna analogia fra i due modelli di pensiero. La rivoluzione copernicana, secondo la quale l’uomo è capace di formulare le leggi e di dettarle alla natura che indubbiamente ubbidirà, rappresenta un punto di convergenza tra la filosofia di Kant e quella di Hegel. Quest’ ultimo aderirà infatti alla proposta avanzata dalla filosofia kantiana, seppur con modifiche di rilievo. In Kant le forme a priori , cioè spazio e tempo, sono dei mezzi attraverso i quali l’uomo può conoscere il mondo empirico , ma ciò implica delle limitazioni che da Hegel vengono certamente confutate; e poi la distinzione tra conoscenza pura e conoscenza sensibile che in Hegel si risolve in un monismo; in Kant permane l’opposizione tra sensibilità e intelletto e tra intelletto e ragione , mentre secondo Hegel reale e razionale non sono affatto separabili (panlogismo); e ancora, la distinzione fra mondo noumenico e mondo fenomenico, con il concetto di cosa in sé, intesa come inconoscibile, che la filosofia di Hegel cancella del tutto. Nelle due filosofie possono essere rintracciate altre differenze, una tra queste è l’idea di Dio. Nella “Critica della Ragion Pratica” Kant spiega che Dio è un postulato, un ente dall’esistenza indimostrabile e trascendente rispetto alla nostra; è l’unico essere che possa garantire all’uomo il sommo bene (virtù + felicità). Questo aspetto viene sviluppato in maniera assai nuova dal filosofo idealista : Dio è totalità, è una presenza immanente che si dispiega nel reale in cui l’uomo e Dio stesso tendono alla coincidenza. Tuttavia, “abbi il coraggio di usare la tua propria intelligenza” aveva detto Kant, e sembra che Hegel abbia colto a pieno l’essenza di questo messaggio, dedicandosi interamente alla sua attuazione ed esercitandovi un duro lavoro di labor limae, che ha fatto della filosofia hegeliana uno dei colossi della storia della filosofia.

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  2. Le posizioni di Kant e di Hegel sono distanti per molti aspetti, sempre in virtù della necessità triadica che Hegel vuole rispettare, cioè il continuo rapporto di opposizione antitetica e risoluzione sintetica. Basti pensare alla diversa concezione della natura per i due filosofi. Kant credeva che essa fosse l’unica realtà conoscibile, il fenomeno è ciò che appare all’uomo, in quanto gli si rivela nell’esperienza attraverso le forme a priori che unificano e coordinano i dati sensibili. Per Hegel la natura invece non è assolutamente l’unica realtà, infatti nella grande opera hegeliana è considerata antitesi, il negativamente razionale, motore di cambiamento. Alla fine del processo dialettico della filosofia della natura si arriva a una verità non discutibile: l’uomo non è solo corpo ma è dotato anche di pensiero e dunque di capacità spirituali. In conclusione, il fine ultimo della natura è lo spirito in generale e per mezzo del processo dialettico, Hegel sarà in grado di conoscerlo nella sua Filosofia dello spirito.

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  3. Le posizione che Kant ed Hegel assumono nei confronti del concetto di "Guerra" sono del tutto opposte tra loro.
    Kant è cosmopolita e a favore della “pace perpetua”; egli cioè mira a trovare una struttura mondiale e un’impostazione del governo di ogni singolo stato che sia rivolta alla conservazione della pace all’interno della società. Il progetto a cui Kant mira può essere definito giuridico e non etico in quanto il filosofo non spera che gli uomini possano diventare più buoni, ma ritiene possibile costruire un ordinamento giuridico in grado di garantire pace e di evitare i conflitti, allontanando quindi la minaccia della guerra e mettendola fuori legge.
    Al contrario Hegel sostiene che non esiste un ordinamento superiore in grado di regolare i rapporti interstatali e di risolvere i loro conflitti. Questo ordinamento secondo Hegel si basa unicamente sulla concordia tra gli stati che, basandosi sulle volontà particolari, ha carattere sicuramente precario. Hegel quindi ritiene necessario e inevitabile il ricorso alla guerra per risolvere le controversie tra gli stati quando essi non sono d’accordo tra loro. Secondo Hegel inoltre la guerra porta con sé una certa dinamicità che preserva i popoli dalla fossilizzazione alla quale li ridurrebbe una pace durevole o perpetua.

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  4. La filosofia hegeliana rappresenta certamente un superamento della filosofia kantiana, da cui comunque scaturisce per addurre le sue riflessioni. Pertanto, non è possibile ignorare quanto di comune c’è nei due filosofi tedeschi, ma non si possono tralasciare le differenze che corrono tra loro. Un esempio è l’ambito dell’etica, alla quale assegnano entrambi un posto privilegiato nella loro filosofia: Kant ne parla nella Critica della ragion pratica e Hegel scrive a proposito nella trattazione dello Spirito oggettivo, collocandola nel momento della sintesi, quello più importante in assoluto. Con questo confronto, tuttavia, non si vuole dare meno importanza alla filosofia kantiana, ma dimostrare da dove proviene l’eticità hegeliana che, come ho già ribadito, muove i passi dall’etica di Immanuel Kant.
    La morale che propone nella sua opera il filosofo di Königsberg si presenta ai nostri occhi come una morale puramente formale, che si propone come obiettivo la formazione, ma che è priva di contenuto: egli non dice cosa fare, ma come fare, cioè entro quali limiti poter agire per dire di stare agendo in senso morale. Gli imperativi categorici, infatti, propongono delle regole alle quali dobbiamo attenerci, ma non offrono del “materiale” cui ispirarsi per agire moralmente. Possiamo dunque dire che l’etica kantiana è ab-soluta, cioè completamente separata dall’agire in qualunque situazione reale.
    Da questo punto di vista, Hegel vuole e riesce a superare l’astrattezza della morale proposta da Kant. A questa forma di universalizzazione “vuota” il filosofo di Jena contrappone un universale “concreto”, che possa adattarsi a tutte le situazioni dei singoli individui. In entrambe le filosofie la volontà individuale, che tende al bene della singola persona, si sottomette alla volontà generale, che è volta al benessere (inteso come ben-essere, cioè “stare bene”) di tutta la collettività. Ma se in Kant la morale si configura in un utopico “regno dei fini”, un mondo, cioè, in cui tutti seguono i precetti dettati dagli imperativi categorici per conseguire il sommo bene nella vita dello spirito, Hegel ha una concezione certamente più concreta, legata a filo doppio alla politica: la morale è calata nel contesto dello Stato, realizzazione concreta della libertà, che si incarna nelle istituzioni oggettive.
    Possiamo concludere dicendo che le proposte avanzate dai due filosofi hanno in comune la necessità di porre al centro il bene della collettività, che prevarica il bene individuale, ma presentano senza dubbio elementi che fanno da spartiacque, primo tra tutti la dicotomia tra astrattezza (Kant) e realtà (Hegel).

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  5. L’intera riflessione filosofica di Hegel viene accompagnata dal rapporto con la
    filosofia kantiana.
    Hegel riconosce la grandissima importanza della “Rivoluzione copernicana” di Kant,ma la considera incompleta e bisognosa di essere ridefinita in alcuni aspetti.
    Hegel non condivide assolutamente la filosofia del limite di Kant, secondo la quale noi conosciamo solo i fenomeni e non possiamo conoscere invece il noumeno; al contrario, secondo Hegel, alla ragione non si può porre alcun limite poiché essa aspira all’infinito e non al finito: dunque il compito che Hegel si propone consiste nella riconciliazione di finito e infinito e nel superamento della “frattura” che Kant aveva posta tra fenomeno e noumeno.
    Per Hegel, la ragione è identica alla realtà poiché la realtà è ragione,dunque non solo essa ha la possibilità di attingere alla realtà, che corrisponde all’infinito, ma si identifica con essa.

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