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mercoledì 27 gennaio 2016

27 gennaio con gli studenti del Leonardo






di Roberto Testa



Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.

dal libro La notte” di Elie Wiesel

LA RISIERA DI SAN SABBA
il campo di concentramento in Italia

martedì 26 gennaio 2016

RAGIONE E CUORE

L'uomo contempli dunque tutta la natura nella sua sublime e piena maestà.....Tornato alla considerazione di sè, l'uomo esamini ciò che egli è rispetto a ciò che esiste; si consideri come sperduto in questo remoto angolo della natura, e da queste piccole celle dove si trova rinchiuso, voglio dire l' universo, impari a stimare la terra, i regni, le città e se stesso nel loro giusto valore. Che cos'è un uomo nell'infinito? Che cos'è l'uomo nella natura? Un nulla rispetto all'infinito, un tutto rispetto al nulla, un punto nel mezzo tra il niente e il tutto
Pensiero 72 , PASCAL

Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. In quest'ultimo modo conosciamo i principi primi; e invano il ragionamento, che non vi ha parte, cerca d' impugnare la certezza....
 Questa impotenza deve, dunque, servire solamente a umiliare la ragione, che vorrebbe tutto giudicare, e non a impugnare la nostra certezza, come se solo la ragione fosse capace d'istruirci....
Pensiero 282, PASCAL

martedì 19 gennaio 2016

volontà e passioni in Cartesio

Cartesio fa una distinzione tra percezioni, sentimenti ed emozioni. 
La percezione non è soltanto una mera sensazione, ma è la sensazione unita alla coscienza di sentire. Possono essere chiamate percezioni tutti i pensieri ricevuti. La passione è sentimento, qualcosa di ricevuto e accolto, è emozione. La passione è anche dinamicità: non si ha solo la passività del ricevere, in quanto tale ricevere è anche un agitarsi, è turbamento. 

Il fine etico di Cartesio è in parte di origine stoica: il controllo delle passioni. Il suo progetto consiste nel conoscere la causa efficiente delle passioni allo scopo di controllarle, anche se non eliminarle, poichè esse aiutano l'uomo ad orientare la propria esistenza. 

Necessaria rimane tuttavia la guida della ragione.



 La relazione che si instaura tra anima e corpo è prettamente fisiologica: la ghiandola pineale si configura come ponte di collegamento fra i due. 

Per Cartesio il problema del rapporto fra mente e corpo può trovare dunque una risoluzione a livello corporeo: egli infatti ritiene il cervello la sede della mente. 

Art. XL 
Qual è il principale effetto delle passioni. 
Infatti occorre notare che il principale effetto di tutte le passioni negli uomini è che esse inducono e dispongono la loro anima a volere le cose cui esse preparano il corpo; di modo che il sentimento della paura l’induce a voler fuggire, quello dell’ardimento a voler combattere e così via. 

Art. XLI 
Qual è il potere dell’anima riguardo al corpo. 
La volontà tuttavia è, per sua natura, talmente libera che non può mai essere forzata; dei due tipi di pensieri che ho distinto nell’anima, di cui gli uni sono le sue azioni, cioè le sue volizioni, e gli altri le sue passioni, prendendo questa parola nella sua accezione più generale, che comprende ogni sorta di percezioni, le prime sono assolutamente in suo potere e non possono essere cambiate che indirettamente dal corpo, così come, al contrario, le ultime dipendono assolutamente dalle azioni che le producono e non possono essere cambiate che indirettamente dall’anima, salvo quando essa stessa ne è la causa. 

E tutta l’azione dell’anima consiste in questo che, per il solo fatto che vuole qualcosa, essa fa in modo che la ghiandoletta, alla quale è strettamente congiunta, si muova nella maniera richiesta per produrre l’effetto che si riferisce a tale volizione. 

La volontà, come causa libera di azioni, non può essere piegata dalle passioni, ma le passioni non possono essere cambiate dalla volontà dell’anima 


venerdì 8 gennaio 2016

cogito ergo sum







IL COGITO ERGO SUM, 5'




il dualismo cartesiano 4'


Avevo notato da tempo, come ho già detto, che in fatto di costumi è necessario qualche volta seguire opinioni che si sanno assai incerte, proprio come se fossero indubitabili; ma dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio, e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile. Così, poiché i nostri sensi a volte ci ingannano, volli supporre che non ci fosse cosa quale essi ce la fanno immaginare. E dal momento che ci sono uomini che sbagliano ragionando, anche quando considerano gli oggetti più semplici della geometria, e cadono in paralogismi, rifiutai come false, pensando di essere al pari di chiunque altro esposto all'errore, tutte le ragioni che un tempo avevo preso per dimostrazioni. Infine, considerando che tutti gli stessi pensieri che abbiamo da svegli possono venirci anche quando dormiamo senza che ce ne sia uno solo, allora, che sia vero, presi la decisione di fingere che tutte le cose che da sempre si erano introdotte nel mio animo non fossero più vere delle illusioni dei miei sogni. Ma subito dopo mi accorsi che mentre volevo pensare, così, che tutto è falso, bisognava necessariamente che io, che lo pensavo, fossi qualcosa. E osservando che questa verità: penso, dunque sono, era così ferma e sicura, che tutte le supposizioni più stravaganti degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, giudicai che potevo accoglierla senza timore come il primo principio della filosofia che cercavo. Poi, esaminando esattamente quel che ero, e vedendo che potevo fingere di non avere nessun corpo, e che non ci fosse mondo né luogo alcuno in cui mi trovassi, ma che non potevo fingere, perciò, di non esserci; e che al contrario, dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo; mentre, appena avessi cessato di pensare, ancorché fosse stato vero tutto il resto di quel che avevo da sempre immaginato, non avrei avuto alcuna ragione di credere ch'io esistessi: da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.

(Descartes, Discorso sul metodo, IV)



venerdì 1 gennaio 2016

IL CAPODANNO per Gramsci

Per aprire il nuovo anno mi piace segnalare il suggerimento che  Roberto Testa mi ha inviato poco dopo la mezzanotte. Si tratta di un editoriale pubblicato esattamente un secolo fa a firma di Antonio Gramsci
Buon Capodanno a tutti




Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.
Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.
Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna.
E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.
Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore.
Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.
Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell’immondezzaio tutte queste date che ormai non hanno più nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d’inventario dai nostri sciocchissimi antenati.
Antonio Gramsci
Da Avanti!, edizione torinese, rubrica Sotto la Mole, 1 gennaio 1916

Questo editoriale  Antonio Gramsci lo scrisse quando non aveva ancora compiuto 25 anni ed era appena entrato nella redazione torinese dell’Avanti! Mancavano meno di due anni alla Rivoluzione russa, sei alla fondazione del Partito comunista, sette alla Marcia su Roma. Gramsci se la prendeva, per il tramite del capodanno (che non a caso scriveva minuscolo), con la pretesa di scandire la Storia attraverso le date degli eventi epocali dimenticando, in questo modo, la complessità del suo fluire. E consentendo così agli uomini di trascurare il fatto che ogni giorno dovrebbe essere un capodanno. Ogni giorno, cioè, dovrebbe chiamare ogni persona alle proprie responsabilità, a fare i conti con se stessa. 
L’attualità della riflessione, a dispetto delle tante “date epocali” che hanno spesso tragicamente punteggiato questo secolo, è anche la conferma del suo valore (da Sardinia post)