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giovedì 30 gennaio 2014

Le passioni dell'anima



«Per cominciare, io considero che tutto quel che avviene o capita di nuovo è, in genere, chiamato dai filosofi passione rispetto al soggetto a cui capita, e azione rispetto a quello che lo determina. 

In tal modo, benché agente e paziente siano spesso molto diversi, l’azione e la passione sono sempre una medesima cosa con due nomi, secondo che la si riferisce all’uno o all’altro di quei due soggetti»
Cartesio

Le affezioni, o emozioni, sono causate nell'anima dagli spiriti animali che nel corpo si agitano in modo meccanico. La loro funzione è quella di indirizzare l'anima, attraverso la volontà, alle azioni, al fine di conservare il corpo.

Hanno pertanto una funzione di conservazione dell'essere. 
Ecco perchè si ama ciò che ci fa stare bene e si odia ciò che produce male.







dalle Passioni dell'anima di Cartesio:

tutte le altre sono composte di qualcuna di queste sei, o ne sono delle specie.



Articoli
70-76:
La MERAVIGLIA.
La meraviglia è una sorpresa improvvisa dell’anima, per cui essa si volge a considerare con attenzione gli oggetti che le sembrano rari ed eccezionali.
In questa passione non si verifica nessuna modificazione, né del cuore, né dell’anima in quanto essa non ha per oggetto né il bene né il male.
Il che non toglie che la sua forza sia grande a causa della sorpresa prodotta dalla novità.
Della meraviglia può dirsi in particolare che è utile per farci apprendere e ricordare le cose che prima ignoravamo; infatti ammiriamo solo ciò che ci sembra raro e straordinario.
Benché una certa inclinazione verso questa passione sia un bene, in quanto ci dispone all’acquisto delle scienze, dobbiamo tuttavia, in un secondo momento, cercare di liberarcene il più possibile.
 

Articoli
79-85:
L’AMORE e l’ODIO.
L’amore è un’emozione dell’anima che la incita ad unirsi volontariamente agli oggetti che sembrano convenirle.
L’odio è un’emozione che incita l’anima a desiderare d’esser separata dagli oggetti che si presentano ad essa come nocivi.
Una netta distinzione tra le varie forme d’amore può essere fatta in base alla valutazione che si fa dell’oggetto amato in confronto a se stessi:
quando lo stimiamo meno di noi, abbiamo per esso una semplice AFFEZIONE; quando lo stimiamo uguale a noi, abbiamo dell’AMICIZIA; quando lo stimiamo più di noi, la nostra passione può esser chiamata DEVOZIONE.
La differenza che corre tra queste tre specie di amore si manifesta soprattutto negli effetti.
Nella semplice affezione preferiamo sempre noi stessi all’oggetto amato; mentre al contrario, nella devozione si preferisce talmente la cosa amata a se stessi che non si teme la morte pur di conservarla.
Tanto gli oggetti dell’amore quanto quelli dell’odio possono essere presentati all’anima o dai sensi esterni,oppure dai sensi interni e dalla ragione.
Nascono due specie d’amore:
quello che si prova per le cose buone e quello che si prova per le cose belle.
Dalla medesima distinzione traggono origine due specie d’odio, una riferita alle cose malvagie, l’altra riferita alle cose brutte.
 



Articoli
86-90:
il DESIDERIO.
La passione del desiderio dispone l’anima a volere per l’avvenire le cose che essa si rappresenta come convenienti.
Il desiderio è una passione priva del suo contrario.
Il desiderio che si prova nel tendere a qualche bene è accompagnato da amore, e quindi da speranza e gioia; il medesimo desiderio, invece, quando tendiamo ad allontanarci dal male contrario a quel bene, è accompagnato da odio, paura e tristezza.
 

Articoli
91-94:
La GIOIA e la TRISTEZZA.
La gioia consiste nel godimento da parte dell’anima del bene che le viene rappresentato come proprio.
La tristezza al contrario, consiste nel disagio che l’anima riceve dal male che le viene rappresentato come suo proprio.

La gioia deriva dalle nostre opinioni di possedere un bene; la tristezza dalla nostra opinione di avere un male o un difetto, ma spesso accade anche di sentirsi contenti o tristi senza poter così distintamente rilevare il bene o il male che ne son causa.
Di solito la gioia segue al piacere, il dolore produce la tristezza.




lunedì 27 gennaio 2014

il coro dei superstiti


Nelly Sachs, 1891-1970

Coro dei superstiti



Noi superstiti

dalle nostre ossa la morte ha già intagliato i suoi flauti,

sui nostri tendini ha già passato il suo archetto -

I nostri corpi ancora si lamentano

col loro canto mozzato.

Noi superstiti

davanti a noi, nell’aria azzurra,

pendono ancora i lacci attorti per i nostri colli -

le clessidre si riempiono ancora con il nostro sangue.

Noi superstiti,

ancora divorati dai vermi dell’angoscia -

la nostra stella è sepolta nella polvere.

Noi superstiti

vi preghiamo:

mostrateci lentamente il vostro sole.

Guidateci piano di stella in stella.

Fateci di nuovo imparare la vita.

Altrimenti il canto di un uccello,

il secchio che si colma alla fontana

potrebbero far prorompere il dolore

a stento sigillato

e farci schiumare via -

Vi preghiamo:

non mostrateci ancora un cane che morde

potrebbe darsi, potrebbe darsi

che ci disfiamo in polvere

davanti ai vostri occhi.

Ma cosa tiene unita la nostra trama?

Noi, ormai senza respiro,

la nostra anima è volata a lui dalla mezzanotte

molto prima che il nostro corpo si salvasse

nell’arca dell’istante -

Noi superstiti,

stringiamo la vostra mano,

riconosciamo i vostri occhi -

ma solo l’addio ci tiene ancora uniti,

l’addio nella polvere

ci tiene uniti a voi -

                                                                                                        Nelly Sachs


venerdì 24 gennaio 2014

riflettere sulla Shoah:un percorso filosofico




Questo  percorso di riflessione filosofica procede analizzando

IL RAPPORTO TRA RAGIONE E OLOCAUSTO

attraverso le analisi  condotte sul tema da quattro  autorevoli studiosi:

HANNAH ARENDT, TH. ADORNO, MAX HORKHEIMER, ZYGMUNT BAUMAN

Le domande che ci poniamo per procedere sono le seguenti:

è possibile che l’Occidente, illuminato dalla ragione e dalla  forza che da essa scaturisce ed emana, non solo sul piano speculativo ma anche su quello più specificamente pratico ed operativo, abbia potuto “partorire” e poi anche giustificare ideologicamente quello che
Hannah Arendt definisce  il male assoluto, impunibile e imperdonabile”?

Quale “ragione” ha permesso tutto questo?

A quale ragione dobbiamo fare appello per un  futuro umano?







a cura della prof.ssa Grazia Messina

lunedì 20 gennaio 2014

res cogitans e res extensa


"Confrontiamo a questo punto le due realta`, quelle che il filosofo francese chiama 
res cogitans (la cosa, la sostanza pensante) e la res extensa (la cosa estesa):

1) l’una e` cosciente, l’altra no;
2) l’una è indivisibile, l’altra invece, proprio perchè è spazio, è divisibile all’infinito;
3) l’una è libera, mentre i corpi sono determinati (io posso prendere liberamente una iniziativa,
ma una cometa non può certo decidere di deviare dalla propria traiettoria).

Mente e corpo, cioè, non hanno nulla in comune: è questo il dualismo cartesiano. Non è
pensabile, quindi, che il corpo – che altro non è che una macchina (automa) regolata in
modo deterministico – possa produrre il pensiero o anche solo una sequenza di parole
appropriata in ogni circostanza.

Si tratta di un dualismo ontologico. Esistono cioè due generi di «cose»: il pensiero e il
mondo o, in altri termini, lo spirito e la materia. Se le cose materiali e fisiche si riducono a
cose estese e se il pensiero (l’esperienza soggettiva) non ha nulla in comune con tali cose,
allora il pensiero non è materiale, ma è qualcosa di spirituale.

Così impostato, il dualismo cartesiano fornisce un supporto alla convinzione (filosofica e
religiosa) dell’immortalità dell’anima, ma crea un problema che assillerà a lungo grandi
pensatori: se mente e corpo non hanno nulla in comune, come fanno a interagire tra loro? 
 E perchè, in fondo, dovrebbero interagire? A noi sembra scontato che interagiscano: quando
decido di camminare (la decisione è un evento mentale, cioè immateriale), le gambe (cose
fisiche, materiali) si muovono: quando metto una mano sul fuoco, provo l’«esperienza del
dolore». Mente e corpo, quindi, interagiscono (così, almeno, ci sembra). Ma come fanno a
comunicare tra loro se una è immateriale e l’altra materiale? 
Cartesio, come è noto, in un secondo momento (nelle Lettere e nel trattato Le passioni dell’anima), 
cerca di ricomporre
l’uomo: mente e corpo non coabitano semplicemente, ma costituiscono una vera e propria
unione. Principio di vita è una sorta di fuoco – con sede nel cuore – che dilata il sangue,
muove il cuore e così provoca la circolazione sanguigna. Quando il sangue, attraverso l’aorta,
arriva al cervello, fa affluire in esso gli elementi più sottili (chiamati «spiriti vitali»), gli
elementi cioè più purificati: sono questi elementi che, da un lato, muovono i muscoli tramite
i canali nervosi e, dall’altro (in direzione opposta), creano nella mente la percezione –
coscienza degli oggetti. Il punto di contatto è rappresentato dalla ghiandola pineale – l’unica
a essere collocata in una posizione di mezzo e a non essere doppia – : è questa che apre e
chiude i canali nervosi per il passaggio degli spiriti vitali. 

Una soluzione che si dimostra però
poco convincente sotto il profilo filosofico.

domenica 19 gennaio 2014

Bruno, profeta dell'universo infinito


Sulle ricerche e gli studi sull'universo e la natura agli albori dell'età moderna

segnaliamo questo interessante dossier 


profeta dell'universo infinito




Roberto Saviano su Giordano Bruno

sabato 18 gennaio 2014

il metodo scientifico


 post di Claudia Crimi
classe 4L


Nel corso del Seicento la rivoluzione scientifica porta alla formulazione di nuovi metodi per la scienza e la ricerca che segnano ancora oggi , per motivi diversi, il nostro operare nel settore.











Il primo metodo, quello baconiano, di tipo induttivo moderno, include l’eliminazione degli idola, ovvero dei pregiudizi mentali e l’utilizzo di una nuova logica.  Di idola ne esistono quattro tipi:
Idola della tribù: legati ai pregiudizi dei sensi illusori.
Idola della caverna: legati ai pregiudizi dell’educazione.
Idola del foro: legati ai pregiudizi del linguaggio
Idola del teatro: legati alla filosofia che in passato ha erroneamente cercato di anticipare il mondo quando il suo compito  è solo quello di descriverlo.
A proposito della logica, Bacone si distacca dalla “vecchia”, basata sul sillogismo, e ne inaugura una “nuova” che pone le basi dell’induzione intesa come interpretazione ( scoperta di un principio reale secondo il quale organizzare i dati dell’esperienza)
Tutto ciò  permette di accedere al vero e proprio metodo, inteso come “ mezzo per definire la forma del fenomeno”, diviso in tre parti:
  1. Osservazione
  2. Registrazione 
  3. “Prima vindemiatio”, prima ipotesi, sottoposta alle istanze prorogative fino all’istanza cruciale, la quale definisce la causa e la forma del fenomeno.
Scopo: ricerca della forma di una data natura. ( Per forma si intende la struttura delle particelle del corpo )
 
Il secondo metodo, quello galileiano, si fonda sulla visione di una natura avente un ordine che le permette di parlare attraverso il linguaggio  matematico.  La scienza dunque non ha solo il compito di formulare ipotesi ma anche quello di afferrare la costituzione delle cose: ci si avvicina al realismo filosofico e ci si allontana dall’essenzialismo.
Il metodo coniuga il rigore della matematica all’esperienza e all’esperimento, servendosi anche dei preziosi strumenti tecnici. Esso è diviso in due parti:
  • “Sensate Esperienze” ( durante le quali si segue un procedimento induttivo)
Osservazione del fenomeno
Analisi
Misurazione
  • “ Necessarie dimostrazioni “ ( si segue un procedimento deduttivo che indirizza all’analisi dei dati)
Intuizione della legge
Dimostrazione matematica
Cimento
Formulazione della legge scientifica

È chiaro dunque che ogni affermazione deve essere “pubblica” e controllabile, e di un fenomeno è importante scoprirne il “ come “ e non il "perché".

Infine, il terzo metodo proposto è quello cartesiano.  Cartesio dice “ vi è la scienza, quindi vi è la conoscenza”, basata sul linguaggio geometrico e matematico. Ne segue, chiaramente, che bisogna ricorrere per cercare la verità a una disciplina capace di spiegare l’ordine e la misura: la matematica universale.
Tuttavia la matematica universale non basta in astratto per giungere alle scienze. Vanno specificate:
Intuizione: atto immediato e semplice con cui l’intelletto coglie qualcosa di per se’ evidente, e quindi una “ natura semplice” dell'idea.
Deduzione: sequenza di intuizioni derivanti da ragionamenti mediati attraverso la ragione. Questa, dunque, non è immediata, ma necessita di ragione e memoria.
Per applicare in modo più efficace intuizione e deduzione, Cartesio elabora un metodo che permetterà di non confondere il vero con il falso, basato su quattro regole:
Regola dell’evidenza: questa è criterio di verità, bisogna accogliere come vere solo le idee che si presentano in maniera chiara e distinta.
Regola dell’analisi: se ciò non è possibile, bisogna dividere il problema in parti semplici.
Regola della Sintesi:  condurre i pensieri dal più semplice al più complesso.
Regola dell’enumerazione: è opportuno controllare di non aver omesso nulla attraverso enumerazioni complete e revisioni semplici.

Dopo aver elencato le tre metodologie, sorge spontaneo un confronto: 

Il metodo baconiano qualitivamente parlando ha un grande limite rispetto a quello galileiano e cartesiano, ovvero l'assenza del ricorso alla  matematica. Tuttavia ritroviamo in esso anche un pregio, cioè la formulazione di un linguaggio rivolto alla natura e un appello al procedimento induttivo. 

E’ ovvio che il metodo galileiano inglobi in sè parte di quello baconiano, (la prima vindemiatio coincide con la fine del primo processo induttivo), che viene notevolmente ampliato con l’uso della matematica, confermando la necessità conclusiva dell’esperimento.  

Cartesio infine, come già detto, utilizza il linguaggio e le regole matematiche, tralasciando l’esperimento e introducendo il dubbio metodico, con il quale ci invita a dubitare di tutto per arrivare al principio indubitabile.

Diverso è inoltre il “fine” del loro metodo: Bacone cerca di definire la forma del fenomeno, Galileo vuole ricercare il “come”, e dunque la legge, del fenomeno naturale, mentre l’esigenza di Cartesio consiste nel giungere ad idee evidenti, chiare e distinte e pertanto vere.

giovedì 16 gennaio 2014

ti scrivo del processo a Socrate



  
 lettera di Serena Stira
classe 3 E


Cara Fabiola,
come stai? spero tutto bene...scusami se ti scrivo solo ora ma sono stata veramente molto occupata... oggi poi,come ti avevo detto la settimana scorsa, era il giorno del processo a Socrate!
Sono arrivata in tribunale quando il processo stava già per cominciare e non ti dico che fatica per entrare! C'erano persone che spingevano da tutte le parti, tutti curiosi di conoscere la sentenza...ma sai devo dirti una cosa che mi ha colpita moltissimo...cercavo di capire chi fosse l'avvocato di Socrate, per vedere se magari lo conoscevo e invece vuoi sapere la novità? Socrate non ha voluto nessun avvocato, si è difeso dalle accuse da solo! Che grand'uomo!
Dopo essere entrato il giudice in aula, è cominciato il processo e Socrate, con quel suo fare sempre molto ironico, ha cominciato a smentire tutte le accuse che gli erano state rivolte dicendo innanzitutto agli ascoltatori di non curarsi del modo in cui avrebbe parlato ma di cercare solo di capire se ciò che diceva era vero o falso.Ha cominciato dalle prime accuse, quelle più vecchie e peggiori  che non vedevano accusatori in aula, che lo incolpavano di essere stato come un filosofo naturalista che aveva indagato anche sulle cose celesti e su quelle che sono sulla terra, e come un sofista che aveva trasmesso il suo sapere sotto pagamento. Ma come puoi ben immaginare, Socrate è stato bravissimo a smontare ogni singola accusa! Ha innanzitutto detto di aver abbandonato la metafisica ormai da molto tempo e che quindi si era solo occupato "dell'uomo" e che poi non si era mai fatto pagare da nessuno poichè i giovani ,e non solo, lo seguivano volontariamente  solo per ascoltarlo e prova di tutto ciò stava anche nel fatto che non veniva seguito solo dai ricchi ma anche dai più poveri. Ha poi continuato con le accuse più recenti che gli erano state rivolte da Meleto, Anito e Licone. In tribunale quell'antipatico di Meleto quasi in modo poetico, visto il suo lavoro, accusava Socrate di aver corrotto i giovani e di non credere agli dei della città ma ad altre divinità diverse e nuove. Puoi immaginarti quanto si sia potuto arrabbiare Socrate di fronte a queste accuse assurde ma, come sempre, ha saputo tenere i nervi ben saldi e ha cercato di dimostrare che il vero colpevole era invece proprio il suo accusatore che scherzava su cose serie e faceva finta di occuparsi di cose di cui in realtà non si è mai occupato, e per smentire quindi  tutte quelle menzogne ha intrapreso un piccolo dialogo con Meleto e con molta ironia ha cominciato a porgli delle domande che infine, in modo "maieutico",  hanno addirittura indotto il dubbio nell'accusatore stesso.  Così Socrate anche stavolta ha dimostrato l'infondatezza delle accuse, ma nonostante ciò Meleto non ha comunque voluto ammettere di aver sbagliato a portare in processo Socrate.  Come già noi immaginavamo, Socrate è stato accusato ingiustamente da nemici che si era procurato al tempo in cui l'oracolo di Delfi, attraverso la Pizia, svelò a Cherofonte,amico di Socrate, che Socrate era il più sapiente di tutti. Al tempo, se ben ti ricordi, poichè non credeva di essere il più sapiente tra tutti gli uomini,intraprese la ricerca di questa "sapienza"  tra questi per vedere se realmente l'oracolo aveva ragione o se esisteva qualcuno che era più sapiente di lui ma domandando in giro a politici,poeti,artisti si accorse che questi, pur credendo di sapere tutto, avevano solo un sapere tecnico e che quindi il vero sapiente è chi , come lui, sa di non sapere ed è sempre alla ricerca del sapere.  Socrate ha continuato dicendo che avrebbe potuto discolparsi salvando così la propria vita ma non voluto farlo perchè in questo modo avrebbe infranto le leggi,che non ha mai infranto nemmeno per quel breve periodo che stette in politica. Ha continuato dicendo che comunque non ha paura della morte perchè nessuno sa cosa ci aspetta dopo di essa e perchè  potrebbe essere il peggiore di tutti i mali ma anche il più grande dei beni ed infine ha aggiunto  che , come molte altre persone, avrebbe potuto portare in tribunale la sua famiglia e i suoi figli,soprattutto il più piccolo, per destare più commiserazione e pregare i giudici di non condannarlo ma si era rifiutato  anche di fare ciò.  Dopo aver fatto parlare per questo lungo tempo Socrate, il giudice è passato alle votazioni. Sono rimasta veramente sbalordita dall'esito delle votazioni: 280 hanno votato per la condanna a morte, 230 a favore di Socrate.. per soli 50 voti Socrate viene condannato a morte! Allora Socrate propose di essere mandato nel Pritaneo, luogo dove vivono a spese dello Stato i cittadini benemeriti dello patria. Ma ahimè, anche dopo la seconda votazione,  la maggioranza lo ha condannato a morte .
Peccato che tu oggi non sia potuta venire, è stato un processo veramente  molto toccante che ha dimostrato che grand'uomo è Socrate e sinceramente non avrei mai creduto che gli sarebbe stata inflitta questa pena così crudele ma sono certa che nessuno di noi lo dimenticherà mai perchè una persona così  non si può dimenticare e  fin quando ognuno di noi avrà il suo ricordo lui continuerà a vivere dentro noi con la sua saggezza di uomo e cittadino.
Adesso ti saluto e spero che avremo modo di vederci molto presto, mi manchi molto e sai quanto mi sia di sollievo condividere con te le mie idee
Con affetto
                                                                                         La tua amica Serena

Giusto processo o processo a un giusto?

post di Marika Montalto
                                                             inviato speciale ad Atene






Atene, 399 a.C.

Con uno scarto di un esiguo numero di voti si è appena decretata la sorte di uno dei più grandi filosofi dell’Atene democratica. Ma è veramente democratica un’Atene in cui un così illustre sapiente come Socrate viene condannato senza giuste motivazioni?
E’ parere diffuso che l’apologia pronunziata dallo stesso sia stata brillante in quanto ha vanificato, tramite ragionamenti più che logici, tutte le accuse, lasciando senza parole gli accusatori stessi.
L’accusa di empietà contrastata senza sforzo dalla dimostrazione di credere in un daimònion, generato egli stesso dagli dei, e di seguirlo sulla via del bene; l’accusa di corruzione dei giovani, respinta dai giovani stessi e dai loro parenti, invitati a lamentare pubblicamente i danni ricevuti, risoltasi in un plateale silenzio e nell’assenza di effettivi accusatori.

E’ dunque possibile che Socrate sia stato imputato senza capi d’accusa validi?
Il potere che, secondo la fragile democrazia, egli esercitava sul popolo, intimoriva i democratici e al tempo stesso la sua dimostrazione che “l’unico sapiente è colui che sa di non sapere” li screditava agli occhi della cittadinanza. Tutto ciò ha dunque fomentato l’astio della classe dirigente nei suoi confronti; essa infatti non può dimostrarsi debole e ignorante in un periodo difficile per la polis che richiede dei saldi dirigenti.
Tutti questi fattori portano dunque alla condanna a morte del filosofo che, dimostrandosi cittadino modello, non sfugge alle leggi per quanto ingiusta sia la loro applicazione.
“Ma è ormai venuta l'ora di andare: io a morire, e voi, invece, a vivere. Ma chi di noi vada verso ciò che è meglio, è oscuro a tutti, tranne che al dio.” Afferma saggiamente Socrate prima di salutare l’assemblea dei cari ateniesi che lo hanno sostenuto e a cui egli ha dedicato l’intera vita.
Un processo che lascia molte ombre, ma che nulla toglie ad un uomo starordinario.

lunedì 13 gennaio 2014

Caffè filosofico



Ricordiamo a tutti gli studenti interessati che 

DOMANI  

14 GENNAIO 2014

SI TERRA' A SCUOLA 
IL SECONDO INCONTRO DEL 

CAFFE' FILOSOFICO

SUL TEMA "L'ETICA E I VALORI"

CONDUCE LA PROF.SSA S. SCANDURA


AULA MAGNA 
LICEO LEONARDO
ORE 15-17


domenica 12 gennaio 2014

Anita B., un film sulla rinascita possibile dopo il male assoluto della Shoah


Roberto Faenza firma la regia di Anita B. , tratto dal libro di Edith Bruck Quanta stella c'è nel cielo. "Non ho mai chiesto a Edith quanto ci sia di autobiografico, ma ho voluto intitolare il film Anita B. in omaggio al suo cognome, Bruck. È stato Furio Colombo a suggerirmi di leggere il libro - racconta il regista - un po' mi spaventava una storia così forte, me lo sono portato con me in un viaggio in Giappone e finendo di leggerlo, in aereo, ho avuto una crisi di pianto. Mi ha sconvolto. Poi ho pensato che potesse essere il seguito ideale di Prendimi l'anima, il viaggio verso il futuro di una giovane donna che, dopo gli orrori del campo di concentramento, trova una forma di riscatto. Anita B. è la storia di una crescita femminile, un romanzo di formazione ancora attuale. Nel dopoguerra si costruiva sulle macerie, oggi proviamo una sensazione simile: il mondo in cui viviamo sembra confuso, senza certezze".



la trama:
Tornare alla vita dopo l'orrore, i campi di concentramento, il terrore e la morte. Anita, una ragazza di origine ungherese, è una sopravvissuta. Non ha ancora sedici anni, sembra una bambina: le trecce, il sorriso timido. È fuggita dall'orfanatrofio in Ungheria, è una zia, Monika, ad accoglierla. Ma nessuno vuole sentire parlare del passato; Anita invece vuole ricordare e costruire il futuro con Eli, il giovane di cui si è innamorata. Lo guarda con gli occhi sognanti mentre gli amici fanno festa e lo zio Jacob canta. Eli la seduce, la fame di vita di Anita lo spaventa, e quando resta incinta la spedisce a Praga per abortire, un altro viaggio all'inferno. 


sabato 11 gennaio 2014

Come si può interpretare e governare la Natura?




post di Dario D' Arrigo
classe 4 H


Tra Cinquecento e Seicento varie furono le proposte avanzate da studiosi, scienziati  e teologi per rispondere a questa domanda.


Eccone alcune.
L'ermafrodito nel Rosarium Philosophorum

MAGISMO
Il magismo è una forma di  conoscenza ed azione sul mondo rivolta ad una élite di adepti che desiderano intraprendere un cammino sapienziale per  raggiungere un potere sulla natura. Infatti  il mago ritiene di possiedere conoscenze esclusive ed è suo compito conservarle; agisce individualmente perché la magia non comporta uno scambio di sapere.
La magia fa appello a forze occulte e si allontana dalla religione.

ALCHIMIA
L’alchimista si serve di un linguaggio dotto e occulto, quindi rivolto a pochi. L’obiettivo dell’alchimista è trovare un rimedio ai mali dell’uomo giungendo ad una soluzione che può riguardare tutti, ma opera seguendo un percorso iniziatico. L’alchimia è legata all’esame degli elementi naturali ed è talvolta parallela alla religione poiché il cammino che libera dal male e che, quindi, porta alla salvezza, coincide spesso con un cammino religioso.

RELIGIONE
La religione suggerisce un cammino per la salvezza dell’anima che si compie nell’interiorità ma si fonda sull’agire terreno e sull’agàpe, ovvero la carità verso gli altri. I Testi Sacri sono rivolti a tutti e guidano nella conoscenza della natura ma la loro interpretazione, quindi il loro significato profondo, è affidata a pochi (i teologi)  poiché necessita di conoscenze basilari in quanto potrebbe essere frainteso.

SCIENZA
La scienza si occupa dell’osservazione e dello studio della natura tramite la sperimentazione e quindi adotta un metodo che porta ad un sapere  certo, rigoroso, oggettivo, universale e pubblico (accessibile a tutti) in quanto controllabile. Anche per tale motivo Galileo, primo grande scienziato moderno,  scrive i suoi testi  in volgare.

ERMETISMO
L’ermetismo è un movimento filosofico che individua nella natura delle forze occulte, accessibili e controllabili solo da alcuni maghi-sapienti.   Il movimento prende il nome dalla figura leggendaria di  Ermete Trimegisto, che a sua volta racchiude nel nome tre caratteri  fortemente simbolici: rappresenta Ermes (il messaggero degli dei) e Thot (divinità che donò la conoscenza e la scrittura agli egizi) , inoltre è “trimegisto”, cioè “tre volte grande”. Il mago ermetico è pertanto ritenuto colui che possiede un enorme potere che la divinità gli ha concesso per governare la natura.

VA  DUNQUE SOTTOLINEATA LA DIFFERENZA TRA:

SCIENZA – si serve del metodo per giungere ad un sapere  che sia certo, rigoroso, universale, pubblico (rivolto a tutti e da tutti praticabile) e controllabile.
SCIENZE OCCULTE – riguardano un sapere misterioso accessibile a pochi iniziati e adepti.


venerdì 3 gennaio 2014

il dolore e la fuga di Mamadou



Il Centro Astalli di Catania è un’associazione di volontari che opera senza scopo di lucro a favore dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti forzati (diversi dai migranti economici che fuggono da un paese povero in cerca di fortuna e di  maggior guadagno),  quelle persone costrette a scappare "controvoglia", principalmente a causa di guerre e conflitti nel paese d’origine. La maggior parte di essi  proviene dall’Afghanistan e dal Pakistan, mentre dall’Eritrea e dalla Somalia giungono soprattutto donne a causa di una  guerra endemica che dura da anni. Molti migranti arrivano anche dal Mali, paese afflitto da un’efferatissima guerra interna che costringe la popolazione all’arruolamento forzato, anche con il ricorso alla tortura.  Altra causa di fuga è la politica omofoba dei governi poiché in  molti paesi gli omosessuali sono duramente torturati fino alla morte o costretti a un lungo periodo di detenzione. Ma fuggono anche donne pluriviolentate e costrette a prostituirsi, giovani avviati all’ accattonaggio forzato. Fatto non trascurabile è l’assenza di dati anagrafici dei migranti: sapere che ci sono uomini che non sanno quando sono nati e che dunque non esistono per lo Stato da cui fuggono, è stata per noi una dolorosa scoperta che riteniamo dovrebbe far riflettere sulle discriminazioni presenti in molte aree del mondo e allontanare tanti assurdi pregiudizi.     
dalla relazione di Fabio Lazzaro e Desiree Sgroi, classe 4 L *

Elvira Iovino, Mamadou e gli studenti del liceo Leonardo in visita al Centro Astalli
La storia di Mamadou

Mamadou nasce in Mali nel 1986. Sua madre era del nord del paese, quindi di pelle bianca, suo padre del sud, quindi di pelle nera. I suoi genitori avevano un magazzino di vestiti. Come tutti i bambini aveva un sogno: voleva diventare un militare, come la maggior parte degli adulti della sua famiglia. Il suo sogno però non si avverò perché il suo paese fu travolto da una efferata ribellione dei bianchi sui neri che colpì particolarmente la famiglia "mista" di Mamadou, su cui pesava  inoltre un grosso debito contratto con lo Stato per via del magazzino. Mamadou si vide costretto a lasciare il suo paese per sfuggire alla tortura e alla morte. Così scappò in Libia e qui si fermò per racimolare la somma che gli veniva chiesta per attraversare il mare e lasciare l'Africa. Infatti, dopo essere giunto in Libia tra dolori e sofferenze, Mamadou venne rinchiuso in prigione. Dopo sei mesi un colonnello offrì la libertà e  la possibilità di raggiungere le coste europee dietro un pagamento di 4000 dollari. Raccolta la somma di denaro, dopo tre anni raggiunse Malta, dove fu organizzato un viaggio per l’Italia su un barcone.  Fu una traversata terribile: partirono in 84 ma toccarono la riva solo 24, i restanti 60 compagni morirono lungo il tragitto.

Era il 2008 quando Mamadou arrivò in Italia, provato dalla fuga drammatica e privo di documenti. Da quel momento non ha più sentito la sua famiglia, anzi  per l’esattezza li ha sentiti soltanto una volta subito dopo lo sbarco. Poi più nulla, nel Mali la guerra continua ancora e ogni giorno si contano nuove vittime, fra cui potrebbero esserci anche i suoi familiari.  Nel 2010, non avendo ancora ottenuto un permesso di soggiorno nel nostro paese, Mamadou decise di partire per la Francia, dove imparò il francese ma non riuscì a trovare lavoro. Con questa speranza in seguito decise di rientrare in Italia.
Attualmente non ha lavoro. 

Mamadou è uno dei tanti migranti forzati seguiti dal  Centro Astalli di Catania, il centro di accoglienza che ha provveduto a trovargli un’abitazione in un immobile sequestrato alla mafia. Sono inoltre in corso delle pratiche per cercargli un'attività che gli permetta di guadagnare qualcosa. Mamadou passa le sue giornate al Centro Astalli, dove studia italiano e insieme agli altri migranti aiuta i volontari e partecipa ai momenti di ricreativi e di informazione nel territorio.

Proprio per la sua storia così precaria ed incerta, Mamadou non può avere progetti precisi per il futuro, spera solo di integrarsi in Italia nel migliore dei modi e di trovare  un lavoro adatto a lui.

a cura di Giuliana Mangano, classe 4 L


"Sappiamo che il fenomeno dell’immigrazione non cesserà fin quando le altre nazioni non interverranno, schierandosi dalla parte dei cittadini, lottando con loro per i diritti, per la dignità e per la stessa vita. Tuttavia ciò non è facilmente raggiungibile: bisognerebbe creare nel frattempo un ponte umanitario, una sorta di corridoio protetto,  per limitare le morti durante i viaggi oltremare. È doveroso infatti riconoscere ciò che queste persone sono costrette a subire. Se pensassimo meglio ai disagi e alle sofferenze da loro subiti nonchè ai disastri che accadono durante i viaggi, capiremmo subito il bisogno di benessere, ma soprattutto la speranza che li induce a compiere questa scelta.
Quest’esperienza ci ha portato a riflettere: 
uomini, donne, bambini si imbarcano con la consapevolezza di poter trovare la morte. Noi viviamo in una società spesso indifferente a tutto ciò che accade ogni giorno fuori dalle nostre città avvolte dal benessere, e i possibili disastri, non solo naturali, il più delle volte non ci toccano minimamente. Molti di noi si sono chiesti perché queste persone preferiscono fuggire piuttosto che restare a combattere per i loro diritti e soprattutto per la loro vita. Sono realtà a noi estranee, non comprensibili a pieno né facilmente, ma possiamo comprensibilmente ritenere che sia proprio  l’umana speranza di una vita migliore, per quanto incerta, a spingerli ad allontanarsi dal loro paese frammentato e distrutto dalle guerre". 

Desiree Sgroi e Fabio Lazzaro, 4 L



Grazie alla visita al Centro Astalli di Catania, siamo riuscite a comprendere quanto duro, crudele e disumano sia stato il viaggio a cui questi ragazzi si sono sottoposti per arrivare nel nostro Paese. Abbiamo appreso quanto forte fosse il desiderio di scappare da quella terra in cui ogni loro diritto era negato con la forza e con la violenza. Pur di fuggire si sono sottoposti ad un viaggio tra morte, fame, sete, stupri e torture di ogni tipo. Ma una delle cose più crudeli è che questi viaggi sono resi possibili da persone spregevoli, che li vendono come schiavi, come se fossero merce, carne da macello.
Sicuramente questa esperienza ci è molto servita per ben comprendere i disagi e le sofferenze che ogni migrante subisce ogni giorno sulla sua pelle, facendoci apprezzare quello che noi diamo per scontato e che altri pagano invece con sangue e lacrime.

Roberta Grancagnolo e Rosaria La Rosa, classe 4 B

* in occasione della visita effettuata al Centro Astalli dalle classi 4 B e 4 L il 12 dicembre 2013
accompagnatori:  prof.sse Grazia Messina e Rosa Torrisi, prof. Raffaele Carbonaro